DAVIDE VS GOLIA SECONDA PUNTATA
L’INCERTO MONOPOLIO DELLA FORZA IN UN’EMERGENZA SANITARIA IN ITALIA
Un antico proverbio diceva: “chi fa per sé fa’ per tre”; oppure mi viene facile ricordare un altro famoso detto secondo cui: “chi va da solo va più veloce, mentre se si va insieme si va più lontano e meglio”. Personalmente non ricordo se nell’averli riportati ho potuto sbagliare a trascrivere qualcosa ma nel dubbio parto da questi concetti, ripartendo la prima introduttiva analisi dei rapporti Centro e Periferie durante l’emergenza sanitaria vissuta nel 2020-21 in Italia. I due detti in maniera chiara e semplice riportavano quasi la morale della favola con la quale ci rieravamo lasciati nello scorso appuntamento, tuttavia sorge spontanea una domanda: se insieme si va più lontano, non sarebbe giusto precisare il come? Ovvero è logico e mia chiara volontà ribadire l’importanza di una maggiore e migliore collaborazione di tutti gli organi istituzionali, i quali devono ognuno rappresentare prerogative e bisogni di parti e porzioni territoriali, ma questo soprattutto deve pur avvenire secondo un criterio che bilanci i poteri e dia equilibrio alle parti senza sfociare in confusioni o inutili bracci di ferro.
Oggi si approfondirà una parte della base strutturale sulla quale si è costruito quel castello di carte di rapporti di forza e di legittimazione pronto a crollare con la ventata proveniente dalla lontana Provincia di Hubei(China) del 2020: il Covid-19.
Quest’oggi si parlerà del monopolio della forza, la base concettuale e le condizioni italiane in particolare, che hanno costituito le premesse che hanno contrapposto le due fazioni, ribadendo il quesito introduttivo, nonché nostro faro di ricerca: “chi è Davide e chi è Golia in questa storia? Quali spunti trarre da questa nostra disavventura collettiva?”
Parlare di monopolio statale della forza vuole dire parlare di un processo che si è affermato attraverso i secoli e ha rappresentato, con difficoltà e aporie, uno dei pilastri della modernità, in cui però recentemente ha mostrato una sua fase di declino, sui cui esiti non è facile indagare. Sin da Weber si è incominciato a parlare del cosiddetto monopolio della forza legittima e il ruolo stesso della legittimazione, soprattutto nel concetto dell’uso della forza. Tuttavia ultimamente il primato dello Stato è messo in discussione in prima istanza dalla debolezza dei singoli Stati minacciati dal fondamentalismo armato o da altre insorgenze militarizzate, sollevate da minoranze che non si sentono rappresentate; oppure è minato in ampie regioni dalla criminalità organizzata che controlla e gestisce il territorio per i propri fini. Messo in discussione nella sue fondamentali funzioni, lo Stato in qualche modo le delega: una delle conseguenze più evidenti è la prevalenza nella gestione delle principali crisi attuali di organizzazioni sovranazionali, spesso a carattere regionale (ECOWAS, Gulf Cooperation Council, NATO, Unione africana). L’intervento però tenta di riparare una lacuna: infatti l’indebolimento dallo Stato e l’emergere di un dualismo di poteri che infrange il monopolio della forza hanno una ricaduta spesso negativa sulla sicurezza e sulla libertà delle persone. Naturalmente l’analisi delle singole situazioni presenta aspetti anche molto differenti, ma sono molte le situazioni critiche che evidenziano la difficoltà strategica dell’istituzione statale nell’esercizio esclusivo della forza. Un sintomo molto importante è peraltro dato dal diffondersi dei PMC (Private Military Contractors), il cui ruolo crescente nelle attuali aree di crisi e nei principali scenari di guerra collide con l’assenza di orizzonti giuridici certi e condivisi. Appaltare una funzione di questa importanza a realtà private espone a rischi di cui è difficile segnare i confini; sicuramente questa tendenza è un sintomo importante della decadenza dello Stato in alcune funzioni fondamentali.
Fatta tuttavia questa logica premessa, rimane opportuno ritornare al tema e capire cosa avviene in uno scenario al quanto complesso in Italia come un’emergenza sanitaria.
Gestire un’emergenza sanitaria, in particolare al suo ultimo stadio di diffusione, ovvero la categoria “pandemia”, può essere facilmente rappresentato come un gioco a più livelli (come D.Alexander, teorico e studioso delle emergenze mostra in “Principles of emergency planning and management” del 2002). Al vertice di questa piramide, vi è sicuramente, come garante di linee guida e principi, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale ha il compito di dare linee guida e direttive in casi di emergenze epidemiologiche, oltre che il segnale e la classificazione dell’emergenza per livelli. Dal 1999 l’OMS ha iniziato, inoltre, un arduo lavoro di monitoraggio e preparazione alla gestione di un rischio pandemico, con la pubblicazione di una serie di documenti che diano modo agli Stati di poter attuare la giusta preparazione in vista di un’emergenza sanitaria, in particolare un ultimo lavoro del Marzo 2019 (“Global influenza strategy 2019-2030”).
Secondo l’OMS, i governi nazionali sono i primi responsabili della tutela della salute dei loro cittadini, raccomandando inoltre sempre a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico (e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate). Tuttavia nonostante tali raccomandazioni i casi italiani regionali dimostrati nei primi mesi emergenziali, hanno mostrato come molte regioni e i loro sistemi peccassero di un piano che fosse o aggiornato o solamente in attività…
Tuttavia, il problema non sorge al vertice dove la funzione programmatica e direttrice dell’OMS ha seguito anche un suo filo logico durante l’emergenza Covdi-19, ma nel suo districarsi esecutivo tra una miriade di teste pronte al confronto e a ringhiare come il famoso e temibile cane Cerbero, descritto nella narrativa epica o nell’opera dantesca.
Nel contesto italiano innanzitutto, la nostra Costituzione, a differenza di altri testi costituzionali (come quello spagnolo per esempio) o per altri casi come la fattispecie “stato di guerra” disciplinata dall’art.78 Cost., pecca di una chiara disciplina emergenziale per la fattispecie “rischio epidemiologico pandemico”, districandosi perciò tra fonti di natura primaria, regolamentare, progettuale e attuativa che derivano da diversi organi ed enti di natura internazionale e nazionale. La base di attuazione è sicuramente data dalle linee guida OMS, punto di partenza da cui far scaturire il Piano pandemico nazionale, che a sua volta serve da base per l’attuazione dei vari piani di gestione e pianificazione regionale. La sanità, con la sua storia complessa e dibattuta tra chi la predilige pubblica e chi privata e tra chi la predilige a cura nazionale e chi altro a cura prettamente autonoma regionale, vede nell’articolo 117 la sua stella polare, considerandola materia concorrente tra Stato e Regioni, con le dovute precisazioni in casi di profilassi internazionale o di problemi di “incolumità pubblica”. In casi come questi infatti, nonostante lo stesso art.117 chiarisca la natura di competenza statale della fattispecie, è comunque preferibile la linea dell’intesa con le Regioni in pieno rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione. Si ricordi inoltre delle cosiddette prerogative che tutelano il ruolo centrale governativo in tali casi, ovvero l’uso dei poteri in deroga esplicitati nella disciplina del decreto legge (art.77) e dei poteri sostitutivi (art.120 Cost. comma 2), in termini di norme di rango costituzionale emergenziale, in cui lo Stato è chiamato a sostituirsi anche al ruolo di garante della salute dei cittadini ai territori.
Nonostante però tali precisazioni, rafforzate anche dai pareri e dalle sentenze della Corte Costituzionale, a difesa del ruolo delle fonti primarie e dei territori, la disciplina si basa su: la legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, e l’articolo 117 del decreto legislativo n. 117/1998, una norma Bassanini, che ha attribuito il potere di emanare ordinanze incontingibili e urgenti in materia sanitaria sia a sindaci che a presidenti di regione. Inoltre anche in base all’Art.50 del testo unico degli enti locali i sindaci possono anche loro emanare ordinanze di necessità . E per completare la lettura normativa, vi è da citare anche il decreto legislativo n. 1/2018 che disciplina il codice della Protezione civile, che ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di emanare ordinanze in materia di salute pubblica con il coinvolgimento delle regioni.
In tutto ciò si nota come chi assume nelle forme previste dalla legge di deroga attraverso DPCM o decreti-legge sia il Governo, ovvero esplicitamente il piedistallo costituzionale pone tale entità in una forma di legittimazione, pur tuttavia altre fonti non negano prerogative e interventi dei territori. La discussione potrebbe essere abbastanza ampia e complessa, perciò si limiterà a precisare come nella diversità di componenti, un’emergenza in Italia porti ad un chiaro confronto e non scontro possibilmente tra diverse teste, oltre le due già citate; ovvero non si può non considerare il parere della Protezione Civile o del Parlamento, quale garante del rispetto dei limiti della legge dell’esercizio dei poteri del Governo, oppure dei garanti periferici come i sindaci o anche in casi specifici, molto diffuso ultimamente, di apposite commissioni o task-force, come il tanto rinomato Comitato tecnico-scientifico. A questa base l’emergenza Covid-19 in italia ha dato modo, seppur con poteri limitati o specifici per settori come approvvigionamento sanitario o vaccinale di istituire anche dal 19 Marzo la figura di un Commissario straordinario ad-acta per l’emergenza, che ha visto succedersi figure come Arcuri o il generale Figliuolo, figure diverse sia per provenienza settoriale che per cultura economica di base.
A questa diversificazione macro, nulla ci distoglie da dimenticare le singole figure che all’interno di ogni singolo sistema sanitario regionale si presentano tra Direttori, Dipartimenti e Medici nei territori, oltre che figure di natura politica.
In tutto ciò su una poco chiara raffigurazione costituzionale su chi/cosa e quali ruolo effettivamente tenere conto in tali fattispecie, giustamente il capro espiatorio rimane il cittadino confuso e avvinghiato nella morsa e tra le fauci dei contendenti.
In conclusione il monopolio della forza in Italia in un’emergenza di natura sanitaria, non solo si muove su un contesto normativo nazionale complesso e articolato, ponendo dubbi e serie riflessioni sull’assetto normativo e facendo per molti esperti in materia di diritto quasi prevalere l’idea che si presenti tale circostanza come “del pettine che ha sciolto ogni nodo ”, ma pone il serio dubbio che ancora tale supremazia non esista in un contesto come quello italiano in nessuna quasi delle parti citate e che ancora oggi si assista più che ad un monopolio ad un tentativo da ogni fazione di porre in atto tale idea. Un tavolo delle trattative perciò in uno scenario di sovraffollamento normativo, che ha generato il già citato susseguirsi di atti emanati da più teste. A poter fare da collare e poter tenere a freno tale brama, ci potrebbe essere il ruolo e il potere dell’Unione Europea, la quale però si trova impantanata su un tema difficile da poter regolare, poiché ancora considerato oggetto di personale gelosia degli Stati membri, poco propensi a limitare i propri poteri in materia. Infatti oltre a raccomandazioni, pareri, decisioni (come la 1082/2013/UE, che riprende l’articolo 168, par.5 del TFUE nella sezione “Salute, politiche e azioni interne dell’Unione”) oppure meccanismi di supporto e volontariato europeo che aiutano gli Stati membri poco può influire sulla vita interna degli Stati, presentando ancora dei vuoti e lasciando ampi spazi di azione agli Stati sulla gestione di un’emergenza.
Perciò, tra i vari litiganti si riuscirà a far godere anche il cittadino? Nel dubbio spetta non solo alla disciplina di base dare chiarezza, ma anche e soprattutto all’onestà e alla volontà degli artefici di far prevalere più che voleri o sogni individuali un benessere collettivo, che perciò non può fare a meno di riprendere le parole dell’Oms nel suo documento del Marzo 2019 dove:
«emergenze globali richiedono risposte coordinate e globali, dove il momento di pianificazione deve essere condiviso dai responsabili delle decisioni ed il momento dell’azione deve essere conosciuto prima del verificarsi dell’evento in modo che ognuno sia in grado di “giocare” il suo ruolo e le sue responsabilità»
Uniti si vince, sempre e comunque un must, ma con consapevolezza che coordinati oltre che uniti la vittoria può avvenire più facilmente.
Bruno Monorchio