The world’s most powerful nations are turning the global economic
system into their primary battleground
THE WORLD ECONOMIC FORUM, 2016
Da qualche anno ormai stampa, politica, think-tank, sindacati ed opinionisti sono tornati ad occuparsi di Golden power. Di cosa si tratta? Nella rubrica che Geopolis ha deciso di dedicare al tema, cercheremo di capirlo. Con l’espressione Golden power si intende l’insieme di poteri pubblicistici finalizzati a proteggere gli interessi nazionali strategici [1]. Il Governo ha cioè il potere di impedire (o sottoporre a condizioni) alcune operazioni industriali o finanziarie potenzialmente dannose per gli interessi del Paese.
Il Golden power è uno strumento di natura giuridica che nasce per rispondere a problemi di carattere politico ed economico; il suo utilizzo è strettamente legato a dinamiche di tipo geopolitico. Dinamiche che spesso non sono prese in adeguata considerazione. In tal caso, è facile cadere nella tentazione di considerare i poteri speciali un “ritorno al protezionismo”, una “patrimoniale mascherata” o addirittura “una forma di esproprio”. Cercheremo di capire perché non è così.
Geoeconomia
Alla fine degli anni ’80 l’economista Edward Luttwak introduce il termine geoeconomia per indicare lo studio delle strategie più efficaci per la crescita della competitività di un Paese. Il neologismo Geo-economics “is the best term I can think of to describe the admixture of the logic of conflict with the methods of commerce – or, as Clausewitz would have written, the logic of war in the grammar of commerce”[2]. Secondo il francese Pascal Lorot, “la geoeconomia è l’analisi delle strategie d’ordine economico – in particolare commerciale -, decise dagli Stati nel quadro di politiche volte a proteggere la loro economia nazionale”[3]. Per Paolo Savona la geoeconomia è una branca indipendente del sapere che studia la competizione tra Stati. In questo senso, la geoeconomia è geopolitica ma abbandona l’obiettivo di dominio territoriale in favore di una competizione che miri ad elevare il rango del Paese[4]. È questo l’ambito di confronto delle economie globalizzate che dobbiamo tenere a mente. Ecco perché dietro alla “mano invisibile” del mercato si cela talvolta l’interesse di qualche Paese rivale.
“Geopolitica della protezione”
La geoeconomia ha un paradosso. Da un lato gli Stati vogliono attirare investimenti esteri e rivendicare la propria competitività, dall’altro vogliono recuperare spazi di controllo e decisione. È nella constatazione di questo cortocircuito che si incardina il concetto di “geopolitica della protezione”, pensato da Alessandro Aresu. Geopolitica della protezione sono “gli strumenti con cui gli Stati, nei loro organismi nazionali o nel contesto internazionale, sviluppano e favoriscono meccanismi di controllo degli investimenti”[5]. In questo contesto anche gli ordinamenti giuridici diventano arena di competizione globale nella ridefinizione dei rapporti Stato-mercato.
Golden share e golden power
Il Golden power nasce nel 2012 (Governo Monti) dalla radicale revisione di un vecchio strumento ideato negli anni ‘90: la Golden share. In quegli anni vennero privatizzate oltre novanta aziende pubbliche, terminò la stagione dell’economia mista e il volto dell’Italia cambiò radicalmente. Basti pensare che il contributo al PIL delle imprese pubbliche passò dal 18% al 4,7%[6]. Si decise di compensare i rischi dati dall’immissione sul mercato di società strategiche (Eni, Enel, Telecom, Finmeccanica, ecc.) con apposite previsioni statutarie che conferivano all’azionista pubblico alcuni privilegi. Il Governo aveva ceduto (in tutto o in parte) le proprie quote ma manteneva il diritto a nominare amministratori, vietare modifiche statutarie, fermare operazioni straordinarie, sospendere i diritti di voto. Simili poteri erano stati previsti anche da altri altri Stati europei. Commissione e Corte di giustizia non tardarono ad intervenire e – pur riconoscendo la legittimità della norma – ne criticarono l’attuazione. Ad esclusione del Belgio, tutti gli Stati membri vennero condannati per indebito restringimento delle libertà fondamentali previste dai Trattati.
I poteri speciali
Il passaggio al Golden power si è rivelato l’occasione per un radicale cambiamento. Le novità principali sono due: la previsione di poteri prescrittivi (e non solo interdittivi) e lo spostamento del focus da singole aziende ex-pubbliche ad interi settori dell’economia. Ad oggi, quasi tutti gli ambiti dell’economia sono interessati dallo screening governativo. Una tale estensione identifica nuovo ruolo dello Stato, ormai non solo regolatore ma vero e proprio stratega[7]. È evidente, infatti, che la decisione di impedire la cessione di un’azienda o di imporre determinate prescrizioni ha un preciso significato politico e – pur basandosi sul rigore imposto dalla legge – è spesso discrezionale. E’ proprio nella necessità di saper considerare fattori geopolitici e geoeconomici che si esprime l’essenza dello Stato stratega. Nei prossimi articoli – a cadenza bisettimanale – vedremo l’uso in concreto dei poteri speciali, anche a partire da qualche caso pratico.
[1] D’Alberti M., Il golden power in Italia: norme ed equilibri, in Napolitano G. (a cura di), Foreign Direct Investment Screening, Bologna, Il Mulino, 2019, p. 83.
[2] Luttwak E., From Geopolitics to Geo-Economics. Logic of Conflict, Grammar of Commerce, in “The National Interest”, 1990
[3] Lorot P., La géoéconomie, nouvelle grammaire des rivalités internationales, in “L’information Géographique”, 2001
[4] Ne sono un chiaro esempio i casi di Giappone e Germania che, “non potendo affrontare con strumenti militari […] i problemi connessi al loro status internazionale, hanno provveduto a risolverli raggiungendo una posizione economica di primaria importanza, tale da consentire loro di sedere al tavolo dei ‛grandi’ con sostanziale parità di diritti”. Savona P., Geoeconomia, in “Enciclopedia del Novecento – II Supplemento”, 1998
[5] Aresu A. e Negro M., La Geopolitica della protezione. Investimenti e sicurezza nazionale: gli Stati Uniti, l’Italia e l’UE, Fondazione Verso l’Europa, 2018
[6] Obiettivi e risultati delle operazioni di privatizzazione di partecipazioni pubbliche, Rapporto della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato – Collegio di controllo sulle entrate, magistrato istruttore e relatore Luigi Mazzillo, Roma, 10 febbraio 2010, p. 7.
[7] Garofoli R., Golden power e controllo degli investimenti esteri: natura dei poteri e adeguatezza delle strutture amministrative, in “Federalismi.it”, n. 17/2019