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Golden power, cosa ci insegna il caso Alpi Aviation

Nessuna sanzione per Alpi Aviation, l’azienda friulana di droni finita nel mirino di misteriose società controllate dal governo cinese. Dopo averne bloccato la cessione per palese violazione della normativa sul Golden power – primo caso in Italia – il Governo, con decreto del Presidente del consiglio del 26 luglio, ha però archiviato il procedimento a carico della società per la mancata notifica dell’operazione. Come previsto dal D.L. 21/2012, il Governo avrebbe potuto applicare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell’operazione che qualcuno, tuttavia senza conferme, aveva stimato in 280 milioni di euro.

La vicenda

Nel 2018, una sconosciuta società di Hong Kong acquista il 75% del capitale sociale dell’azienda friulana, ad un prezzo di 90 volte superiore il suo valore nominale. Successive indagini della Guardia di finanza consentono di risalire alla complessa ramificazione di partecipazioni, Statuto dell’Università degli Studi di Firenze che collegano la misteriosa Mars (HK) Information Technology a due società governative controllate dalla Repubblica popolare. Non solo il cambio di proprietà non è stato comunicato preventivamente al Governo – come previsto dalla legge sul Golden power – ma è stato reso noto solo due anni dopo. Difatti, non vi è traccia dell’operazione nelle delibere societarie, ma solamente in accordi riservati tra le parti. Gli inquirenti hanno contestato anche la violazione della L. 185/1990 (export militare) che impone di richiedere preventivamente l’autorizzazione sia per avviare trattative che per condurre attività di trasferimento di materiale e tecnologia della Difesa all’estero.

Logo MIC2025, Fonte: gov.cn

Perché è importante?

L’operazione Alpi Aviation – Mars è un tipico esempio di acquisizione predatoria finalizzata ad carpire know how tecnologico e produttivo (anche militare). Secondo i piani, la finalizzazione dell’operazione avrebbe dovuto comportare la delocalizzazione della struttura produttiva nel polo tecnologico di Wuxi (a 150 Km da Shanghai). Non è un mistero che la Repubblica Popolare stia perseguendo la leadership in alcuni settori tecnologici strategici. Il piano “Made in China 2025” si pone proprio l’obiettivo di raggiungere il primato mondiale in dieci settori ad alto valore aggiunto: dalla robotica all’aerospaziale, dalle tecnologie dell’informazione all’intelligenza artificiale. Risultati che, nell’arco dei 10 anni del piano, possono realizzarsi solo con imponenti sussidi statali (150 miliardi di dollari sono stati destinati alla produzione di semiconduttori nel solo 2020). C’è però una via più semplice: entrare in possesso di tecnologia già esistente. L’ingegnerizzazione inversa, o reverse engineering, ovvero l’arte di replicare la tecnologia altrui partendo dai dettagli, è notoriamente una specialità cinese, soprattutto in ambito militare. Non è un mistero che il caccia multiruolo imbarcato cinese J-15 sia un po’ troppo simile al Sukhoi Su-33 sovietico, di cui i cinesi acquistarono un prototipo nel 2001 (curiosamente dall’Ucraina, visto il rifiuto russo di vendere l’aereo). La reverse engineering – raramente legale e sempre complessa – è spesso affiancata dalla tecnica delle acquisizioni predatorie: piccole e medie imprese bisognose di capitali – come quelle di cui è piena l’Italia – sono naturale oggetto di investimenti esteri che hanno solo l’obiettivo finale di rastrellare brevetti e know how. Proprio come nel caso di Alpi Aviation.

Il veto del Governo (senza sanzioni)

Il 10 marzo del 2022, quattro anni dopo l’accordo di cessione dell’azienda friulana ai cinesi, un Decreto del Presidente del consiglio – forte dei poteri speciali tipici del Golden power – ha posto il veto sull’operazione: il libro soci di Alpi Aviation doveva tornare alla versione precedente. Per la prima volta, non solo si è impedita un’operazione societaria tra privati in nome della salvaguardia dell’interesse nazionale, ma il nyet di Mario Draghi ha avuto addirittura effetto retroattivo.
Ma le sanzioni? A luglio, lo stesso Presidente del Consiglio ha deciso di non erogare una sanzione pecuniaria potenzialmente esplosiva. La Presidenza del consiglio, pur riconoscendo che i cosiddetti sistemi a pilotaggio remoto rientrano tra le attività strategiche per la sicurezza nazionale, ha giudicato l’omessa notifica un mero errore, incolpevole, della società.

Una lezione per il futuro

L’affaire Alpi Aviation ha reso nuovamente evidente la fragilità del sistema industriale italiano. Le (non sempre gradite) attenzioni estere possono rappresentare talvolta un serio pericolo per il sistema produttivo del Paese. Sia che si tratti di acquisizioni che di tentativi di eterodirezione, anche da parte di quelli che un ex Presidente del Copasir ha definito “non nemici ma vicini aggressivi”. Il fatto che società governative estere siano riuscite ad acquisire una società italiana operante nel settore della difesa senza che il Governo ne fosse a conoscenza, rappresenta un fattore di allarme che non dovrebbe essere sottovalutato. Un prima risposta sta quindi nell’incrementare la capacità di situational awareness, ovvero di consapevolezza. Sul punto, la Presidenza del consiglio ha da poco stipulato un accordo con la Guardia di finanza “prevedendo la possibilità per l’esecutivo di avvalersi del corpo nell’ottica di tutelare gli asset strategici italiani in presenza di tentativi ostili di acquisizione”. Parallelamente, è necessario introdurre misure di semplificazione per assicurare una gestione efficiente nel crescente numero di notifiche pervenute e rafforzare la struttura amministrativa presso Palazzo Chigi. Alcune interessanti novità sono state previste da DPCM del 1° giugno e del 2° agosto, ne abbiamo scritto qui.

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