Ascoltando le parole del famoso storico e divulgatore Alessandro Barbero, pronunciate in occasione del Webinar “Italia paese marittimo: sfide e opportunità”, non si può fare a meno di notare come la nostra penisola, fin dall’antichità, abbia sempre attraversato dei periodi di grande espansione marittima sia militare che civile. Fra questi Barbero ha citato il periodo romano, le repubbliche marinare, le crociate e infine Lepanto, battaglia che, come dimostrato dallo storico piemontese, fu una vittoria praticamente tutta italiana. Alle soglie dell’Unità però la situazione presentava numerosi cambiamenti rispetto al XVI secolo. L’Italia, ormai già da tempo, era frastagliata in diversi staterelli, in alcuni casi sotto il dominio straniero, dotati di marine modeste, se non scarse, incapaci di competere per numero e tecnologia con quelle delle più potenti nazioni europee come Francia e Regno Unito. Fra tutte le marine degli stati italiani ne possiamo distinguere due. La marina del Regno delle Due Sicilie era certamente la più grande e inoltre aveva dimostrato una certa abilità nel Mediterraneo, il quale però rimaneva pur sempre dominato dalla Royal Navy.
La marina militare dei Borbone poteva anche vantare la prima missione di visita negli Stati Uniti da parte di una nave da guerra di uno stato italiano, compiuta nel 1844. La Real Marina del Regno delle Due Sicilie però si rese protagonista di alcuni eventi che ne minarono la credibilità come il bombardamento di Messina durante i moti del 1848, il quale valse a Ferdinando II il soprannome di “Re Bomba”, e la pessima prestazione offerta nel 1860 contro i garibaldini. La marina militare sarda, nonostante rappresentasse uno stato prettamente terrestre, per non dire montano, poteva vantare una lunga storia. Essa infatti intercetta le sue origini nel XIV secolo, quando il Ducato di Savoia ottenne la città di Nizza con il suo porto, ma anche nel ‘500 quando, come raccontatoci dallo stesso Barbero, partecipò con un piccolo numero di navi alla Battaglia di Lepanto. Nel corso dell’800 la Marina Sarda diventò un piccolo ma efficiente dispositivo, soprattutto grazie alla volontà di Camillo Benso conte di Cavour, conscio dell’importanza per il Regno di Sardegna di dotarsi di una marina militare funzionante nonostante le preferenze della monarchia sabauda per l’esercito.
Il 17 novembre del 1860 vennero unificate tutte le marine italiane e il 17 marzo del 1861, con la proclamazione del Regno d’Italia, nacque formalmente la Regia Marina la quale, appunto, basava la sua forza su tutti i battelli appartenenti agli stati preunitari, Marina Sarda, Marina delle Due Sicilie, Marina Toscana e una parte della Marina Pontificia, ora ereditati dal Regno d’Italia. Cavour, come in passato, sostenne la necessità di potenziare la Marina Militare Italiana in quanto indispensabile al giovane paese, proteso nel Mediterraneo, per la salvaguardia dei suoi confini e interessi e per il proseguimento del processo di unificazione nazionale.
I primi problemi che dovette affrontare la neonata Regia Marina furono molteplici. Una buona parte delle navi, data la loro diversità, necessitavano di un eterogeneo parco componenti. Inoltre molte di esse risultavano obsolete rispetto alle navi degli avversari ma anche rispetto alle moderne tecniche di guerra sul mare. Proprio per questo il Ministro della Marina, l’ammiraglio Carlo Pellion di Persano, avviò nel 1862 un vasto progetto di modernizzazione da attuarsi tramite la commissione presso arsenali italiani, francesi, inglesi e americani di un buon numero di navi tecnologicamente alla pari con i tempi fra cui una, commissionata ai cantieri inglesi, chiamata “L’Affondatore” la quale passerà alla storia per essere la prima nave della Marina Militare Italiana a montare dei cannoni dentro delle torrette e per essere stata pensata principalmente per lo speronamento delle navi nemiche. Inoltre venne decisa la costruzione di nuovi cantieri navali sul territorio italiano affinché essi potessero, assieme a quelli già esistenti come Genova e Castellammare di Stabia, soddisfare le esigenze del giovane regno. Fra questi nuovi arsenali spiccavano quello di La Spezia, inaugurato nel 1869, quello di Taranto, inaugurato nel 1889 e ubicato in una posizione strategica per il controllo di quella porzione di mare che separa il Mediterraneo orientale da quello occidentale, e infine quello di Augusta, inaugurato nel 1896.
Le navi ordinate dalla Marina Militare, costruite principalmente con il legno ma dotate anche di corazzature metalliche interne, furono poi impiegate nella Terza Guerra d’Indipendenza durante la Battaglia di Lissa del 1866 dove alcune di esse vennero distrutte nel corso dei combattimenti contro la flotta austro-ungarica, composta per circa un terzo da marinai italiani provenienti da Veneto, Friuli, Istria e Dalmazia. Le parole scritte in una lettera da Quintino Sella dimostrano quanto furono sentite le perdite patite a Lissa: “Mia opinione personale è che oggi l’Italia sia immensamente meno potente che al principio della guerra. La flotta è diminuita di mezzi potentissimi ed è sfiduciata”[1]. Questa clamorosa e inaspettata disfatta, lo schieramento italiano infatti vantava una decisa superiorità numerica rispetto a quello austro-ungarico, è da imputarsi ad alcuni punti di debolezza tipici di una marina ancora poco matura. Prima di tutto l’addestramento dei marinai italiani si era dimostrato insufficiente e probabilmente inficiato in qualche modo da diffidenze legate alle vecchie appartenenze preunitarie e dalle differenze linguistiche che ancora caratterizzavano gli italiani. In secondo luogo, alla diversa formazione di molti ufficiali della Regia Marina. Molti di essi infatti si erano formati nei paesi preunitari apprendendo filosofie e tattiche di guerra diverse. Inoltre, ulteriore elemento che contribuì per anni alla disomogenea formazione degli ufficiali di marina, il Regno d’Italia non aveva ancora edificato un’unica accademia navale per la formazione degli ufficiali, limitandosi alla creazione di una Regia Scuola di Marineria che prevedeva i primi due anni di corso presso la sede dell’ex accademia di Napoli e gli ultimi due presso la sede dell’ex accademia di Genova.
La realizzazione di un’unica accademia navale, caldeggiata dallo stesso Cavour il quale la immaginava nella strategica Livorno, iniziò solo sul finire degli anni ’70 del XIX secolo. Nel 1881, a venti anni di distanza dalla nascita del Regno d’Italia, la Regia Marina ebbe finalmente un’accademia navale nazionale degna di un grande paese europeo, ubicata a Livorno proprio come immaginava Cavour. Nei decenni successivi, dalla fine del XIX secolo fino ad oggi, la Marina Militare Italiana, grazie alle sue grandi capacità, si è sempre distinta come una delle migliori al mondo, dimostrando grande professionalità e vantando fra le sue fila battelli spesso all’avanguardia nella tecnica. L’Italia di oggi sta dimenticando molto velocemente i vincoli esistenziali che in passato l’hanno sempre più spinta a buttarsi nel mare e, soprattutto, sta dimenticando il suo posto nel mondo, cioè quello di vero e proprio spartiacque incuneato nel cuore del mar Mediterraneo. La speranza che noi ci poniamo è quella che l’Italia ritorni a cogliere il prima possibile gli inscindibili legami che l’annodano al mare che la bagna per i tre quarti. Questo perché nel momento in cui un paese naturalmente proteso verso il Mediterraneo come il nostro non possiede alcuna concreta strategia di proiezione verso il mare, come tristemente ci insegna la nostra storia passata, semplicemente smette di esistere.
Articolo di Alessandro Trabucco.
Bibliografia e sitografia
-Filippo Mazzonis, La Monarchia e il Risorgimento, Il Mulino, Bologna, 2003.
-Derek Beales, Eugenio F. Biagini, Il Risorgimento e l’Unificazione dell’Italia, Il Mulino, Bologna, 2005.
-Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, Il mondo contemporaneo dal 1848 a oggi, Laterza, Bari, 2014.
-https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/la-nostra-storia/storianavale/Pagine/marinantica.aspx
-https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/la-nostra-storia/storianavale/Pagine/regia.aspx
-https://www.youtube.com/watch?v=dpPQP40eM0w
-https://www.youtube.com/watch?v=dLVDUsPSCps
[1] Filippo Mazzonis, La Monarchia e il Risorgimento, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 121.