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Cambia il Cile e cambia l’America?

L’elezione di Boric cambia il Cile, ma potrebbe non avere effetti internazionali

La posizione geopolitica del Cile è una delle più delicate nel continente americano, questo non solo perché si trova nell’emisfero meridionale, da sempre simbolo di instabilità politica, il Cile svolge un ruolo fondamentale anche come porta sul continente asiatico, si tratta infatti di un paese che da sempre commercia ed esporta materie prime in Cina. Il delicato equilibrio degli ultimi anni, mantenuto prevalentemente attraverso una politica liberista, ha permesso di mantenere una postura che non fosse mai anti-statunitense, nonostante la costante relazione con la Cina. 

L’Estadillo Social

I risultati elettorali delle ultime elezioni cilene, tenutesi tra il 21 novembre (I turno) e il 19 dicembre (II turno) hanno sconvolto completamente lo scenario economico, esse rappresentano però semplicemente l’apice di un processo di sommovimento sociale duraturo. 

Il nuovo presidente, Gabriel Boric, è esponente del partito di sinistra Convergencia Social, che è rientrato nella più ampia coalizione del Frente Amplio, che vede tra gli altri la presenza anche del Partito Comunista. Boric si è affermato come leader studentesco subentrando a Camila Vallejo, altra giovane politica della sinistra cilena, alla guida del sindacato degli studenti. Il movimento studentesco cileno è probabilmente uno dei più forti al mondo, tanto da aver poi propiziato la rivolta sociale dell’ottobre 2019, il cosiddetto Estadillo

Dal 2014 il neopresidente (che entrerà in carica a partire da marzo) è un deputato parlamentare, afferente a quella sinistra critica che avversa le politiche di un centrosinistra molte volte accusato di scarso radicalismo. 

Di Hugo Morales – Opera propria, CC BY-SA 4.0

La nuova costituzione

Dopo lo scoppio, appunto, del Estadillo, che ha visto come miccia principale l’aumento di 30 pesos del biglietto della metropolitana di Santiago, tanto da propiziare lo slogan “trenta pesos, trent’anni di abusi”. Boric è diventato il promotore di una importante apertura verso il presidente Piñera, che ha portato poi alla nuova costituente, votata a maggio 2021, che superava definitivamente la costituzione di Pinochet. 

Vincendo delle combattutissime primarie, Boric è diventato il simbolo di quella coalizione che intendeva “vendicare” la presa della Moneda e l’assassinio del presidente Allende. Il suo principale rivale, con il quale ha dovuto lottare per l’elezione al secondo turno, è stato José Antonio Kast, simbolo dell’estrema destra pinochettista del Partito Repubblicano. In pratica il ballottaggio ha visto contrapporsi gran parte della storia politica cilena, in maniera tale che l’affluenza è aumentata di più di un milione di votanti rispetto al primo turno.  

Chiude la scuola di Chicago?

Adesso il nuovo presidente, che ancora non ha ufficializzato il suo governo, introdurrà delle politiche estremamente diverse rispetto a quelle afferenti al neoliberismo propagato in Cile dai Chicago Boys negli anni ’70. Si tratta di passare da un modello, quello del “Miracolo Cileno”, che si era concentrato sulle privatizzazioni e la proprietà privata a discapito dei diritti sociali, ad un’idea di politica diametralmente opposta, che preferisce non lasciare indietro nessuno e rimarcare i diritti sociali e civili. Sul tema, soprattutto all’inizio della sua campagna, Boric aveva spesso dichiarato “il Cile è stato la culla del neoliberismo, ne sarà anche la tomba”, ciononostante la probabile minoranza al senato obbligherà di fatto il presidente a frenare la spinta riformatrice. 

La politica estera

Da un punto di vista strettamente politico, queste elezioni dimostrano la voglia di cambiamento del Cile, che rispetto al suo passato ha scelto un presidente che nulla ha a che fare nemmeno con l’establishment di Santiago, Gabriel Boric è un agnostico, dell’estremo sud del paese (e del mondo), di sinistra, frutto di un ampio movimento di contestazione sociale. 

Ciononostante, bisognerà capire quanto effettivamente il Cile potrà vivere questo cambiamento radicale, sia per i già ricordati motivi di politica interna, e sia per dei motivi di politica estera. Da questo punto di vista, Boric durante la campagna elettorale ha raramente affrontato il tema, un tema che sin da quell’11 settembre 1973 sicuramente non può essere trascurato in Cile, anche se la situazione è chiaramente diversa. 

Tutto il Sud America sta perseguendo una determinata strada politica, le affinità ideologiche con i governi di Argentina, Perù e Bolivia sicuramente potranno permettere iniziative congiunte e un’ampia distensione nei rapporti diplomatici. A rafforzare questo processo ci sono anche i sondaggi per le elezioni colombiane e brasiliane di quest’anno, che sembrano trovare un effettivo riscontro. 

Anche se le proposte di Boric in campo economico faranno sicuramente discutere, probabilmente almeno in campo internazionale, e nei rapporti con Cina e USA, il neopresidente manterrà quella posizione intermedia e pacifica che ha sempre tenuto il Cile negli ultimi anni. Interessante sarà anche la posizione nella lotta internazionale e continentale al narcotraffico, sulla quale il presidente si è spesso concentrato. 

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