Dopo una lunga serie di scandali e scissioni all’interno del partito, il 7 luglio Boris Johnson ha rassegnato le dimissioni come premier e come leader dei Tory, durante il discorso tenutosi a Downing Street.
Il volto della Brexit resterà a capo del governo fino a che non sarà designato un suo successore, il cui processo decisionale potrebbe protrarsi fino all’autunno.
Come si è arrivati così rapidamente alle dimissioni?
Nonostante l’affossamento della mozione di sfiducia avvenuta lo scorso mese in Parlamento a seguito dei fatti del Partygate, i segnali di cedimento da parte del governo erano giunti ormai in una direzione dalla quale non si poteva più tornare indietro, che sono culminati nella giornata del 5 luglio con gli addii del cancelliere dello scacchiere Rishi Sunak e il ministro della sanità Sajid David.
A partire da quel momento, si è innescato un meccanismo che nel giro di 48 ore ha portato alle dimissioni di più di 50 tra ministri, assistenti e diplomatici che hanno portato alla “resa” di Johnson, nonostante la strenua resistenza mostrata dall’ormai ex leader conservatore (esempio lampante è l’allontanamento del suo fedelissimo Micheal Grove, dopo che quest’ultimo ha invitato Johnson a dimettersi, tramite dichiarazione sui media).
Mr. Brexit
Riguardando la carriera dell’ex Primo Ministro, sono tanti gli episodi su cui potremmo soffermarci, dagli albori nel 2006 come sindaco di Londra fino alle dimissioni. Ma il signor Johnson verrà sempre ricordato per il suo ruolo nella Brexit: la sua idea di “no deal” con l’EU causò una frattura del partito conservatore, che portò alle dimissioni di Theresa May e provocò di fatto l’ascesa al potere di Johnson stesso, che divenne di lì a poco Primo Ministro, causando anche una rimonta nei sondaggi per il partito dei conservatori. Viene da chiedersi cosa succederà adesso che mister Brexit si è ritirato dalla scena politica.
Quale Inghilterra lascia Boris Johnson?
L’Inghilterra, nonostante le dichiarazioni in cui si affermava che fosse un paese invidiato in tutto il mondo per i suoi risultati e che la Brexit sarebbe stata un’opportunità che avrebbe garantito agli inglesi più ricchezza e più libertà , in realtà si trova e si troverà ad affrontare importanti problemi economico-sociali. Un tema su tutti è quello inerente all’inflazione, che toccherà nel prossimo autunno il 10 percento (la più alta percentuale di tutto il G7).
Il Pil è cresciuto dell’1,7 percento, a differenza del 2,7 percento registratosi prima della crisi finanziaria 2007-2009. Il Regno Unito è quindi intrappolato da ormai 15 anni inuma fase di bassa produttività, che dovrebbe collocarla all’ultimo posto della classifica del G7 della crescita produttiva
A tutto ciò bisogna aggiungere che il governo inglese, di qui a poco tempo dovrà compiere degli sforzi straordinari, a causa dell’aumento della costa della vita, che ha portato diverse categorie di lavoratori a scendere in piazza a scioperare. Il crollo del valore della sterlina e il rialzo degli interessi del debito, sono ulteriori segnali che il governo dovrà adoperare delle soluzioni rapide e incisive, se non vuole fronteggiare una nuova crisi che potrebbe mettere alle corde Londra.
“Avanti il prossimo”
E adesso? Stando la procedura standard e dei membri del parlamento inglese, che ho già passato il primo turno di due previsti, sono cinque papabili candidati che potrebbero prendere il ruolo di Boris Johnson: Kemi Badenoch, Penny Mordaunt , Rishi Sunak, Liz Cruz e Tom Tugendhat. Tutti personaggi che hanno ricoperto ruoli importanti in passato e che ora si contendono l’ambito incarico.
Al momento Rishi Sunak sembra essere in testa: nonostante una controversia riguardante i pagamenti delle tasse della moglie, il suo comportamento esemplare come cancelliere durante la pandemia di COVID-19 sempre averlo avvantaggiato molto nella competizione.
Staremo a vedere.