La geopolitica israeliana tra problemi interni e ricadute estere
L’ “Istituto per l’intelligence e servizi speciali”, noto in Italia semplicemente con il nome di Mossad, è il servizio di sicurezza e operazioni estere di Israele. Costituito formalmente nel 1951, il Mossad è considerato uno dei migliori servizi di intelligence e spionaggio, al pari di CIA o MI6. Il servizio segreto israeliano è diventato negli anni sempre più prorompente e “totale” nel contesto internazionale e regionale, impattando da dietro le quinte nella geopolitica mondiale come attore ombroso in uno dei contesti più caldi e contesi del globo: il Medio Oriente. Ora come non mai, il Mossad ha acquisito un ruolo di fondamentale importanza nel campo del controspionaggio e “covert ops” nella lotta al terrorismo intrapresa dal governo israeliano contro le formazioni paramilitari di Hamas, operanti nella striscia di Gaza e nello spionaggio in Cisgiordania verso asset militari/strategici provenienti dall’Iran.
L’impatto degli “007” israeliani è sempre più presente nella geopolitica attuale e passata, sollevando moltissime controversie circa le modalità di salvaguardia e difesa dello stato israeliano, operando in maniera non trasparente e sabotatrice soprattutto nel contesto regionale Medio Orientale.
MOSSAD: RUOLO NEL PRESENTE E OMBRE DEL 7 OTTOBRE 2023
Da quasi 5 mesi è in atto l’operazione militare “Al-Aqsa flood”, l’attacco proveniente da Est della striscia di Gaza verso Israele da parte delle milizie di Hamas che, attaccando con razzi a corto raggio e gruppi irregolari di guerriglieri, hanno ucciso 1200 civili israeliani e ne hanno rapito 134. Tutto questo al fine di avere un alto potere decisionale durante le trattative diplomatiche e dopo il conflitto israelo-palestinese.
“Jericho wall”, “muro di Jericho”, questo è il nome di un file scoperto e tradotto il 30 novembre scorso dal New York Times, in cui il servizio segreto degli esteri, il Mossad, aveva specificato, dettagliatamente e minuziosamente, le modalità di attacco di un’ipotetica operazione militare su larga scala. Distruzione dei dispositivi di sicurezza e sorveglianza tramite droni esplosivi, spostamenti attuati in modi non convenzionali, ma tramite parapendii e motociclette di piccola cilindrata e addestramento in aree urbane e approccio alla battaglia. Questo per far risultare, agli occhi delle fortificazioni e basi militari israeliane, descritte dettagliatamente nel loro posizionamento nel Jericho wall, degli spettri che si muovono così veloci da far perdere le loro tracce. Addirittura, nello scorso luglio, quindi 3 mesi prima degli attacchi, un analista israeliano aveva avvertito di movimenti riguardo addestramenti sospetti, che poi si riveleranno le stesse modalità di training scoperte nel documento; ma l’allarme fu totalmente ignorato dalle forze militari lì presenti. Il Jericho wall già circolava tra gli alti ranghi militari e della politica israeliana, dando, quindi, una prospettiva non chiara sul processo di accusa mossa dal premier Benjamin Netanyahu, al Mossad, bollando l’ incidente militare come “fallimento dell’ intelligence” e lasciando la responsabilità diretta solo ai vertici del Mossad, evidentemente impreparati, e scrollando la responsabilità dalla (sua) classe politica che li ha assegnati a quel ruolo, provandosi a giustificare e riallacciarsi alle dichiarazioni di un altro servizio segreto, la CIA, ove indica come l’ intelligence (israeliana) non è stata messa al corrente del documento, indicando come impossibile sventare un attacco di tale portata.
A giustificare le posizioni della non-comunicazione tra le branche dell’intelligence, il 7 ottobre 2023, il giorno stesso dell’attacco, la CNN intervista Efraim Halevy, ex direttore del Mossad: “Non abbiamo avuto alcun tipo di avvertimento, ed è stata una sorpresa totale che la guerra sia scoppiata questa mattina”, quindi scaricando ogni qualsivoglia imputazione al processo di fallimento dell’intelligence. “Non avevamo la minima idea di cosa stesse succedendo”, aveva concluso Halevy. Provando quindi a giustificare la posizione del Mossad non dichiarando il fallimento nel contrastare le attività precedenti al 7 Ottobre, ma a qualificarle come impossibili da prevedere. Il fronte di guerra contro Hamas non è solamente bellico, ma anche economico.
Udi Levy, veterano pensionato con una carriera decennale nell’ apparato strategico israeliano. Nominato capo della Divisione di Guerra Economica del Mossad, aveva il compito di contrastare le attività illegali nel campo finanziario ed economico, scovando i flussi di denaro, identificando le forme di approvvigionamento verso i gruppi terroristici, come Hamas. Durante il suo mandato, conclusosi nel 2016, la task force di cui Levy faceva parte, la Task Force Harpoon, aveva identificato 40 aziende posizionate tra il nord Africa ed il Medio Oriente, nazioni come Qatar, Arabia Saudita e Turchia, fungevano da portafoglio finanziario verso il gruppo Hamas, nascondendosi sotto attività di facciata come aziende attive in campo immobiliare, turistico e minerario, ed alcune di queste, continua Levy, erano gestite direttamente da Hamas. Una rete ben disposta su tutto il Medio Oriente, dove la Turchia insieme all’ Iran fungevano da hub finanziario: la Turchia come punto di transito e l’Iran, insieme all’ Iraq, come investitori attivi del gruppo Hamas. Secondo Levy, queste operazioni finanziare hanno permesso ad Hamas di adoperare “miliardi, non milioni” di dollari da investire sulla costruzione di infrastrutture che si sono rilevate fondamentali nei fatti del 7 Ottobre. Alla luce dei fatti, il governo Netanyahu non contrastò la rete finanziaria di Hamas, ma anzi, secondo Levy, chiuse la Task Force Harpoon e non diede importanza ai consigli che Levy personalmente diede al premier Netanyahu, affermando che Israele poteva sconfiggere direttamente e totalmente Hamas usando solamente strumenti finanziari, non militari.
Il 3 gennaio 2024, all’ intensificarsi degli attacchi dei miliziani Houti verso flotte commerciali transitanti nel golfo di Aden, durante il funerale del grande ex capo del Mossad e ingegnere della guerra dello Yom Kippur, Zvi Zamir, il direttore del Mossad David Barnea aveva dichiarato: “Fate sapere ad ogni madre araba che se il proprio figlio ha preso parte al massacro del 7 ottobre, ha firmato la sua condanna a morte”. Proprio Barnea il 13 febbraio, insieme a varie delegazioni, come quella qatariota e americana, ha iniziato un summit al Cairo riguardo un cessate il fuoco, ma soprattutto (più importante per l’opinione pubblica israeliana) il rilascio degli ostaggi sottratti da Hamas il 7 ottobre. Durante l’ incontro al Cairo, non si è arrivati ad un vero e proprio accordo per via delle pressioni attuate da Egitto e Hamas riguardo la gestione dei corridoi umanitari verso l’ Egitto e il rilascio degli ostaggi, che per Hamas deve essere assolutamente collegato al ritiro delle truppe dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania; pressione attuata anche dai parenti degli ostaggi che contestano le mosse diplomatiche dei vari servizi di intelligence (Shin Bet, il servizio segreto interno, e il Mossad soprattutto) riguardo il non operare al meglio nelle operazioni di ricerca e salvataggio, avendo salvato (nelle settimane precedenti al congresso del Cairo) solamente 2 ostaggi su 134: “Gli occhi di 134 ostaggi vi guardano. La vostra è una missione irripetibile e voi avete la possibilità di salvare 134 prigionieri”.
Il peso dell’ opinione pubblica si è fatto sentire prepotentemente, creando una bolla attorno alla società israeliana, provocando una spaccatura tra la classe politica, divisa anch’essa tra partiti come Likud di Netanyahu, che seguono una linea politica più moderata e meno guerrafondaia, o Otzma Yeudith (Jewish Power), il partito ultra ortodosso dell’ (ex) ministro del Patrimonio Amihai Elyahu, sospeso dal 5 novembre scorso per via delle sue dichiarazioni sull’utilizzo di ordigni atomici per placare la situazione nella striscia di Gaza. Questa dichiarazione fornisce uno spaccato sulla società israeliana, che parte tutta da un punto comune, definire l’ attacco del 7 Ottobre come un “9/11 israeliano”, per poi schierarsi con un fronte politico o un altro per porre fine alla crisi in atto, e non provare a bollare gli eventi del 7 Ottobre come una responsabilità solo della classe politica, ma provare a inglobare il tutto il sistema amministrativo israeliano, per far si che un errore, come quello sulla politica interna compiuto dal Mossad con il Jericho Wall non si ripeta più.
LA GEOPOLITICA DEL MEDIO ORIENTE, IL VALORE DEL MOSSAD
Su un altro fronte geopolitico il Mossad è stato indebolito. Un fronte cruciale per la pace e la prosperità economica nel Medio Oriente, il fronte più divisivo in termini di politica internazionale e, nello specifico, nell’ universo NATO, la Turchia. Tra il 2023 e il 2024, il Mit, il servizio segreto turco, ha arrestato 34 persone. Secondo il Mit, le 34 persone con l’accusa di essere “agenti del Mossad” sarebbero state colpevoli di aver compiuto atti di spionaggio verso dissidenti di origine palestinese residenti in Turchia. Un atto non isolato, in quanto nel 2020 il Mossad fu accusato di aver contribuito allo spionaggio di studenti universitari palestinesi, tramite 15 persone di etnia araba arruolate dall’ intelligence israeliana. Una vera e propria guerra segreta, degna di una nuova “età fredda”, una guerra combattuta anche in modi non convenzionali, come il salvataggio di risorse utili, come il salvataggio di un hacker palestinese in Malesia ricercato da Israele, accusato di aver creato un programma per “penetrare nel software dell’Iron Dome”, il sistema missilistico anti balistico di difesa terra-aria israeliano. Il piano di ricerca internazionale di grandi esponenti di Hamas, in aree come Turchia o Qatar, è stato usato come pretesto dal presidente turco Erdogan, per dichiarare uno stato di tensione con lo stato israeliano, avvertendo di non provocare assolutamente tumulti in territorio turco. Un fronte, dunque, dove Israele non può permettersi passi falsi, come successo nei mesi scorsi con le ipotetiche spie anti palestina, provando a impostare un nuovo spazio di manovra, lasciando dietro le vecchie politiche di controspionaggio in stile “guerra fredda”.
Il programma del Mossad di assassinii attorno l’area medio orientale, ha una doppia valenza, non solo contro le branche di Hamas dislocate attorno al globo, ma anche contro una “guerra fantasma” che sta combattendo con il suo più grande nemico: l’Iran di Khamenei. Il climax di tensione è arrivato nel punto massimo quando, nel 2020, fu ucciso l’ingegnere nucleare Mohsen Fakhrizadeh, morto per mano di una task force che intercettò il suo veicolo, sparando attraverso il parabrezza, o, secondo una seconda ricostruzione, una torretta con un fucile montato controllato automaticamente da un AI tramite riconoscimento facciale. Le accuse del presidente Rouhani verso Israele provano ad aprire una nuova via riguardo la geopolitica nella regione medio orientale. L’ accordo sul nucleare iraniano (JCPOA, Joint Comprehensive Plan Of Action) concordato dall’ amministrazione Obama insieme ai cosiddetti P5 nel 2015, ma abbandonato dall’ amministrazione Trump nel 2018, immettendo anche un circuito di sanzioni secondarie verso l’Iran, ha creato terreno fertile nelle operazioni di sabotaggio ai programmi di ricerca e sviluppo iraniani, supportati da USA, Israele e da altri attori del Medio Oriente, come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Biden sperava di riformulare l’intesa di Obama, estendendo quindi una linea meno dura e più diplomatica verso l’Iran.
Il Mossad non è nuovo a queste tecniche di spionaggio. Nel 1972 il servizio segreto lanciò l’operazione “Ira di Dio” principalmente atta ad identificare terroristi e aiutanti di Settembre Nero, associazione terroristica che uccise 11 atleti israeliani durante le olimpiadi di Monaco del 1972, ma in realtà a scovare e neutralizzare risorse scomode orbitanti nel mondo delle organizzazioni Palestinesi, come l’OLP, o membri simpatizzanti a cause palestinesi in Libano. De facto, l’operazione ira di Dio si protrarrà per 20 anni, tramutandosi poi in una caccia intercontinentale verso ogni figura che possa minare la stabilità di Israele, ma non più solo in Palestina o Libano, ma anche in paesi fuori dalla sfera di influenza israeliana, in paesi considerati nemici come Turchia e Iran. L’atto di uccidere Fakhrizadeh, dunque, funge da monito all’ amministrazione Biden a non trattare con l’Iran a qualunque costo, per salvaguardare la stabilità, sempre detto che esista, nel Medio Oriente.
Il Mossad, dunque, funge da pedina fondamentale per la geopolitica mondiale, in un ruolo dicotomico tra gli interessi che ruotano nella sfera occidentale ed il fallimento di quella politica di contenimento tanto millantata dalle alte sfere della politica israeliana.
Francesco Ferrazzo
Bibliografia
Il fallimento dell’intelligence israeliana: cosa è andato storto? (rainews.it)
Israel-Gaza conflict erupts into fighting after attack by Palestinian militants (cnn.com)
Guerra di spie in Turchia, il Mossad braccato dalla potenza disallineata della Nato (ilgiornale.it)
Iran’s Mohsen Fakhrizadeh: Why was he assassinated? – BBC News
Mohsen Fakhrizadeh: Iran blames Israel for killing top scientist – BBC News
Mohsen Fakhrizadeh, la morte dello scienziato iraniano e l’ombra del Mossad- Corriere.it
Israel ex-top spy reveals Mossad operations against Iran – BBC News
Famiglie ostaggi a capo Mossad, ‘torni dal Cairo con l’accordo’ – Politica – Ansa.it
What did Israel know about Hamas’ October 7 attack? | CNN
(10) Israel’s former Mossad chief: “We didn’t have an inkling of what was going on” (cnn.com)
Israel Knew Hamas’s Attack Plan Over a Year Ago – The New York Times (nytimes.com)
Medio Oriente, direttore Cia incontra Mossad e Netanyahu: cosa si sono detti – Il Tempo