“Cos’é rimasto e cos’é cambiato a 32 anni dalla sua caduta?”
Mai sottovalutare il potere di un bigliettino
Lo sa bene chiunque sia mai stato uno studente, ma lo sa anche per esperienza diretta GÜNTER SCHABOWSKI, funzionario del Partito Socialista Unificato di Germania (SED) nella Repubblica Democratica Tedesca, che il 9 novembre 1989 ha cambiato involontariamente le sorti della storia.
È stata proprio un’ambigua interpretazione di un bigliettino da parte di Gunter che ha permesso che proprio quel giorno passasse agli scritti come il giorno in cui il muro di Berlino è crollato.
Ma proseguiamo con ordine.
Doveva essere una conferenza come un’altra per Schabowski, che ormai quasi ogni giorno si presentava ai media tedeschi per annunciare eventuali cambiamenti in corso d’opera (Schabowski, nel frattempo era diventato portavoce ufficiale del Politbüro e membro importantissimo della SED), ma le cose sono andate diversamente.
È importante,ai fini della storia, spiegare che Schabowski proveniva da una lunga carriera giornalistica di stampo comunista, dove chi scriveva le notizie, solitamente imposto dall’alto, le narrava a fatti già conclusi.
Non era abituato alle incalzanti domande dei giornalisti all’occidente e sopratutto non era abituato a rispondere a caldo a certi quesiti.
Ma il vero protagonista è quel famoso bigliettino, che Egon Krenz passa la mattina di quel 9 novembre a Schabowski senza consenso: infatti, il biglietto conteneva una serie di informazioni sconcertanti ma, secondo il piano originale, avrebbe dovuto contente solo temporali sulle restrizioni di viaggio dei cittadini di Berlino Est, anche verso Berlino Ovest.
Durante la conferenza, Schabowski legge il foglietto ad alta voce davanti a tutti i presenti (e live in TV). C’è un momento di silenzio: nessuno è certo di aver compreso le parole che sono state pronunciate, Schabowski in primis. Qualcuno tra i giornalisti chiede da quando verranno attuati questi cambiamenti.
“DAS TRITT NACH MEINER KENNTNIS… IST DAS SOFORT… UNVERZÜGLICH”
“Per quanto ne so, valgono da subito, senza ritardi”
Cadono i muri, ma anche le statue
Le conseguenze di questo effetto farfalla si percepiscono ancora oggi, come vedremo, e per analizzarle tutte probabilmente non basterebbero infiniti volumi, ma per darvene un’idea citeremo l’esempio di uno stato che proprio grazie a questo evento è cambiato per sempre (e ovviamente, non è stato l’unico).
Non molto lontano fisicamente da Berlino e da tutti gli intrighi politici del periodo si trovava infatti tutta l’Albania, uno stato che nessuno sapeva se collocare o nel blocco occidentale o comunista.
Enver Hoxha, morto nel 1985, aveva creato un paese che non era all’Unione Sovietica (sfatiamo questo mito) e non era neanche amico della Cina, l’altra grande potenza comunista mondiale. L’Albania era solo l’Albania.
Le immagini dei giovani berlinesi che distruggono il muro hanno fatto il giro del mondo, e con qualche difficoltà, arrivarono anche nel paese delle aquile
La gioventù albanese, cresciuta in un regime autoritario dove anche ascoltare la musica jazz costava la fucilazione e il festival di Sanremo era la notte degli Oscar, capí che era il momento che le cose non solo andassero cambiate, ma che si potesse cambiarle realmente.
Le immagini degli studenti universitari albanesi nel 1990 che rovesciano l’imponente statua di Enver Roxha, la decapitano e la fanno sfilare per tutta Tirana, nonostante le immagini non abbiano fatto il giro del mondo, queste hanno colpito il cuore e le ideologie degli albanesi, resisi conto di essere oppressori di sé stessi ma anche coscienti di avere ora la possibilità di essere i propri ed unici alleati.
E da lì il via alla corsa alle ambasciate estere presenti nel paese, i primi sbarchi in Italia, il colossale arrivo del transatlantico Vlora nel porto di Bari l’8 agosto del 1991, le prime elezioni, i primi scandali, le prime libertà.
Quando un muro cade la parte facile non è abbatterlo, ma camminare tra le sue macerie e capire cosa rimane. L’obiettivo più difficile è sicuramente capire cosa costruire al suo posto e su questo dilemma l’Albania e tutti gli eredi “diretti” della caduta del muro di Berlino stanno ancora cercando di risolverlo, un mattone alla volta.
E adesso?
Come la Ginestra decantata da Leopardi, il fiore del deserto capace di resistere a vulcani e alle catastrofi, così i rapporti commerciali tra la Germania riunificata e la Russia contemporanea sono rimasti solidi, a partire dall’Ostpolitik: la cosa rappresentò un notevole investimento economico per la Germania, ma d’altro canto schiuse alle imprese tedesche le porte del ricco mercato della futura alleanza energetica tra UE e Russia.
Nonostante Berlino sia la potenza europea più grande, nel contesto geopolitico ha ormai da diverso tempo un ruolo “controverso”: figura di riferimento del Patto Atlantico, ma principale alleato commerciale di Mosca, in una fantomatica veste di “mediatore”.
Come ogni storia d’amore che si rispetti, bisogna accettare che ci possa essere un momento di svolta e nel caso del rapporto Berlino- Mosca quella svolta ha un nome: Alekjsej Naval’nyl.
Infatti dal momento dell’avvelenamento dell’attivista russo, Berlino ha iniziato a trattare Mosca con lo stesso atteggiamento adoperato nei riguardi del resto dell’Europa Occidentale, con la riduzione fra le due parti.
La domanda sorge spontanea: qualora dovesse scoppiare il conflitto tra Usa e Cina, la Germania da che parte starebbe? Sicuramente al fianco degli USA: questa tesi è verificabile con l’Aukus (il trattato militare firmato da Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Germania, dove alla prima viene concesso di avere sottomarini a propulsione nucleare, per difendersi dalla minaccia cinese).
Con la sottoscrizione dell’Aukus, la Germania con non poca rabbia ha ammesso di aver sottovalutato la minaccia chiamata Pechino (ritenendola solo una potenza commerciale, ignorandone il valore strategico e militare).
Per tal ragione, Berlino cerca di sostenere Washington in qualsiasi tipo di politica, eccezion fatta per la parte strategica.
A tutto questo, si aggiungono due minacce a cui Berlino rischia di dover fronteggiare nell’immediato futuro: l’alleanza Russia-Cina ed un possibile Trump 2025