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Kazakhstan: le preoccupazioni di Mosca e l’occasione per Pechino

In Kazakhstan, appena iniziato il 2022, una protesta popolare già radicata da tempo ha rotto gli indugi ed è esplosa con risvolti internazionali. La persecuzione politica costante da parte del Presidente Nazarbayev, che ha governato dalla dissoluzione sovietica al 2019, e che ora è costretto anche a lasciare la guida del partito all’attuale Presidente Torkayev, ha esacerbato gli animi di attivisti che da anni tentano aperture verso uno stato di diritto non autoritario nei fatti, come quello vissuto fino ad ora.

Il ricco, i poveri e il maggiordomo

Dopo continue usurpazioni materiali (la concentrazione di capitali e portafogli bancari nella sua famiglia) e simboliche (dopo 3 giorni dalla fine del suo mandato ha cambiato il nome della capitale Astana con il suo, Nur-Sultan), gli attivisti hanno concretizzato per le strade di Almaty delle rivolte che Tokayev ha sedato con la violenza e con l’importante aiuto di Putin, attento ad evitare nuove rivoluzioni colorate mentre ancora scotta di un caldo cocente il confine ucraino.

Tokayev chiede l’intervento dell’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (Csto), guidata da Mosca, e così l’ingresso delle truppe di Putin nel territorio ex satellite confermano la lezione appresa dalle crisi siriana o bielorussa, riuscendo a stabilizzare in pochi giorni il controllo del presidente kazako sulle proteste, legittimato dal solito alibi accusante un golpe tentato dai protestanti. Per la Federazione Russa questo diventa invece un potente monito verso Kiev e la NATO.

Il Kazakhstan non attira solo gli interessi russi, essendo uno dei maggiori esportatori di metano, uranio e bitcoin (mining), oltre a classificarsi secondo fra i più grandi giacimenti petroliferi al mondo. Nazarbayev ha tutelato il suo regime trentennale proprio aprendo il mercato energetico kazako agli investimenti stranieri, mentre contemporaneamente accentrava nel suo “clan”, formato dai suoi figli e parenti vari, il controllo del patrimonio immobiliare (dai castelli ginevrini fino alla dimora londinese di Sherlock Holmes) e bancario.

Assieme a strategie di lobbying illecito (celebre la mazzetta da un milione di dollari presentata sotto gli occhi stupiti del Segretario di Stato americano Baker per la costruzione di una pipeline) e minacciose pressioni alle aziende operanti sul suo territorio (Unicredit ha dovuto pagare più di 1 miliardo di dollari comprando e svendendo a suo nipote una banca del suo clan per fermare le minacce di messa in mora su Eni), il dittatore ha arrestato il reddito familiare medio dei kazaki a soli 600 dollari mensili, mentre 162 persone detengono la metà della ricchezza nazionale.

In queste condizioni, il rincaro del gpl è stato sufficiente a trasformare la rabbia della persecuzione politica, che vede in ogni critica un estremismo, in una rivolta dalle eco internazionali anche per la prova di forza putiniana.

Almaty, l’ufficio del sindaco durante le proteste

L’Unione Europea ha cercato già ad inizio 2021 ad attivare la propria diplomazia nel Kazakhstan per assicurarsi le irrogazioni di sanzioni personali verso gli autori di violazioni dei diritti umani, ma i vani progetti di riforma, usati come paracadute anche dopo la fase più calda di queste rivolte, hanno illuso i rappresentanti europei, deluso gli attivisti kazaki e lasciato impuniti i potenti criminali. Ora Tokayev si è anche sostituito a Nazarbayev nel ruolo del repressore ultimo, mentre il suo predecessore sembra defilarsi formalmente, sebbene non stenta a tenere salda la guida del Consiglio di Sicurezza per minacciare un eventuale ritorno al potere esecutivo (anche se gli oppositori sono certi che dietro Tokayev agisce direttamente lui).

L’approccio cinese

Il vicino orientale è chiaro e deciso: Mosca usa la forza e Pechino la diplomazia verbale. Sembra ovvio che Xi voglia evitare di avere altre zone limitrofe in situazioni di profonda instabilità, mentre è impegnata ad affrontare una possibile escalation nel Pacifico con gli Stati Uniti, oltre che attenta ad edulcorare la propria immagine entrando nel vivo delle Olimpiadi Invernali nella capitale. Inoltre, e soprattutto, in Kazakhstan è stata inaugurata la prima tappa della Nuova Via della Seta, e perciò l’interesse commerciale converge sia con il tradizionale principio di non interferenza nelle sovranità altrui, sia con il perfezionamento dell’uso della soft power, lasciando alla Russia l’onere di “sporcarsi le mani”, come in un binomio in stile “sbirro buono e sbirro cattivo”. Infine anche la Cina, come i Paesi europei, può cadere vittima di grossi rincari sul gas, occupando quasi la metà delle esportazioni energetiche del Kazakhstan.

L’avversione verso eventuali rivoluzioni colorate resta anche nella visione egemonica di Shanghai, e così la complicità verso Putin, pur mantenendo cautamente le distanze da un amico amante del rischio, avendo un po’ meno da perdere.

Xi Jinping e Nazarbayev brindano in occasione di un accordo commerciale per la Nuova Via della Seta

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