Le nuove speranze dell’opposizione bielorussa
Gli effetti del conflitto russo-ucraino si avvertono anche a Minsk, dove il sempreverde Presidente Lukashenko deve affrontare la pressione tanto del suo omologo russo quanto dell’opinione pubblica del suo Paese. Se, fino a qualche anno fa, Lukashenko desiderava uno spazio d’azione svincolato dall’orbita moscovita, lo scenario attuale gli impone una scelta di campo risoluta: gli ammiccamenti a occidente non sono più tollerabili per il Cremlino.
I principali oppositori del governo sono ottimisti, convinti che l’appoggio al conflitto farà crollare il regime, ormai da tempo al centro delle critiche per le opacità e le irregolarità con cui il Presidente bielorusso è stato riconfermato per il suo sesto mandato consecutivo.
Le speranze che questo sia l’ultimo mandato per Lukashenko infatti vengono espresse dalle richieste di sostegno fanno leva sulla sensibilità occidentale richiamando l’attenzione verso un fronte che ha recentemente già allarmato l’Europa occidentale per la questione umanitaria. Per rispondere, infatti, alle tensioni emerse ai confini polacco e baltico, dove vengono respinti centinaia di migranti ridotti in condizioni drammatiche e fatali, alla fine del 2021 Lukashenko ha fatto pressione all’Unione Europea minacciando il regolare traffico di gas da Mosca a Bruxelles. L’Unione Europea aveva già risposto tramite sanzioni di natura economica, che ora ritroviamo quotidianamente nel lessico di guerra tra Mosca e Kyiv, ma ovviamente di un peso non equiparabile alle attuali. Inoltre, l’evidente limitare il potere di minaccia Bielorussia riguardo questo settore.
Proprio sul peso delle nuove sanzioni scommette l’opposizione bielorussa, secondo cui indeboliranno il regime almeno quanto il protrarsi della resistenza armata ucraina.
“Entrambe le valute sono crollate e le rispettive economie sono vicine al default, l’isolamento internazionale è altissimo – afferma Tikhanovskaja – Putin e Lukashenko hanno imboccato una strada di non ritorno”. Gli oppositori ritengono Lukashenko responsabile dei crimini di guerra su suolo ucraino al pari dei russi, visto il suo atteggiamento di supporto convinto, ben lontano dalla neutralità, all’aggressione voluta da Putin.
Ultimamente la Bielorussia ha modificato la sua costituzione per rafforzare la cooperazione militare con la Russia. L’abbandono di una neutralità (già poco più che formale) è stato sancito dall’autorizzazione ad installare testate nucleari russe, un atto che ha fatto immaginare a molti cittadini che i venti di guerra iniziavano a soffiare decisamente anche dalle parti di Minsk.
Gli oppositori fanno leva sull’apparente ripudio del conflitto da parte del 97% dei loro concittadini, come rilevato da un sondaggio non ufficiale, che si sta traducendo in una serie di manifestazioni di protesta e di atti di sabotaggio, come accaduto in varie città russe.
I fronti del binomio
Questa sintonia di strategie e di umori trova nella coordinazione militare la sua più lucida manifestazione: oltre a sfruttare logisticamente le basi militari nel territorio della Federazione Russa, i russi stanno facendo ricorso anche a quelle presenti sulla frontiera tra Bielorussia e Ucraina. La questione risulta di grande rilevanza strategica, se si considera che proprio su quell’itinerario si sono mosse le truppe russe, potendo così arrivare velocemente a pochi chilometri da Kyiv.
La Bielorussia funge inoltre da hub per il soccorso ai militari russi feriti e per il rimpatrio dei soldati caduti. A Mozyr, gli obitori erano già pieni il 3 marzo secondo le testimonianze della Deutsche Welle. Questi movimenti di milizie fuori uso sono occultati in orari notturni e accompagnati da minacce verso i sanitari bielorussi coinvolti, perché i video che riprendevano gli spostamenti in pieno giorno cominciavano ad intensificarsi sui social. Quello propagandistico è infatti un altro fronte della guerra in cui probabilmente Putin era troppo fiducioso, trovando invece una forte resistenza “digitale” sulle piattaforme social. Fragile per le intrusioni di attacchi hacker che cercano di smuovere le coscienze russe, la macchina propagandistica russa deve fronteggiare soprattutto, l’immagine ormai eroica di Zelenskyj che sta facendo vacillare le sue quinte colonne in giro per l’Europa.
Un altro asse in cui i due Paesi in questione proseguono in parallelo è quello finanziario. Le sanzioni internazionali infatti hanno colpito, seppur in maniera più modesta, anche Lukashenko. Mentre la borsa di Mosca riapre, parzialmente, i battenti dopo ben 24 giorni, temendo la svendita totale dei titoli nazionali, il rating della Bielorussia crolla fino all’ultimo step prima del default finanziario “per via dei timori sull’intenzione del governo di rimborsare i propri debiti e per le attese che un eventuale supporto finanziario della Russia non sarà probabilmente usato a questo scopo”.
In conclusione, le speranze promosse dagli oppositori di Lukashenko si affidano ad un possibile effetto domino, qualora il conflitto entrasse nei peggiori scenari calcolati da Putin. Una speranza sicuramente ottimista, e di certo condivisa dai loro omologhi, coraggiosi oppositori delle altre ex repubbliche sovietiche, come il Kazakhstan.