Ministri degli Esteri di Cina e Isole Salomone-2

La sfida per le Salomone

L’arcipelago nella Melanesia ha formalizzato la fatidica svolta diplomatica, iniziata nel 2021, con cui vengono tagliati i rapporti con Taiwan e sostituiti da un filo rosso con la Repubblica Popolare Cinese.

Una garanzia per le rivolte

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha annunciato infatti un accordo con le Isole Salomone per “una cooperazione nel mantenimento dell’ordine sociale nella protezione della vita e dei beni delle persone, nell’assistenza umanitaria e in risposta ai disastri naturali”.

Questa nuova relazione può non restare esclusivamente diplomatica. Infatti l’alleanza tra USA, Nuova Zelanda e Australia è preoccupata dalla possibilità di presenza di forze armate di Pechino eventualmente richieste per assicurare l’ordine sociale, con o senza fondatezza.

Le rivolte sociali sono già pane quotidiano per il governo di Honiara, avendo già avuto esperienza di violenti scontri etnici a cavallo del nuovo millennio ma soprattutto di sommosse nate negli ultimi decenni per l’apertura ad una dipendenza commerciale con la Repubblica Popolare Cinese.

Violenti rivolte nel distretto Chinatown di Honiara il 25 novembre 2021

Il Pacifico si smuove quindi con un nuovo punto d’appoggio per Pechino, potenzialmente militare, alimentando una nuova natura diplomatica nella regione, in un momento storico e mediatico in cui anche una sola arma spostata non passa di certo inosservata. Gli Stati Uniti hanno già inviato due funzionari diplomatici nelle Isole e riapriranno la loro ambasciata chiusa dal 1993, mentre l’Australia è attenta all’influenza del caso rispetto alle prossime elezioni del 21 maggio. Anche gli altri Paesi minori dell’Oceania esprimono preoccupazioni, coscienti del pericolo di diventare un nuovo terreno di competizione scongelata fra i due grandi poli con aspirazioni egemoniche globali quali USA e Cina. Già con l’importante accordo dello scorso anno fra Washington, Londra e Canberra, con cui si sono poste le basi per una partnership strategica su sottomarini nucleari e armi ipersoniche, l’attrito in questa regione continua in ascesa.

Da Taipei a Pechino

La particolare commistione cinese fra soft e hard power aveva già conquistato il governo delle Isole Salomone nella fine del 2019, con promesse di aiuti finanziari ammontanti a circa 730 milioni di dollari, secondo ABC News, in cambio del rispetto del principio dell’unica Cina, riuscendo così a recedere la linea Honiara-Taipei.  

Un incontro ufficiale tra i premier e i ministri degli Esteri di Cina e Isole Salomone a Pechino, nel 2019 (REUTERS/Thomas Peter)

In quella occasione, come nel 2006, l’Australia aveva aiutato il governo delle Isole a sedare le rivolte che violentemente hanno destabilizzato l’ordine dell’isola della capitale, in virtù di un accordo sottoscritto con il primo ministro Sogavare, peraltro ancora in carica. Quello sembra destinata ad essere l’ultimo aiuto australiano ad un governo ormai deciso a stringere patti saldi con Pechino.

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