Tra problemi e inefficienze dell’ apparato bellico italiano
In un mondo sempre più in guerra, ora più che mai, l’esercito ha preso sempre più piede, aumentando i finanziamenti all’ apparato bellico. Mentre l’ ammodernamento è diventato sempre di più una sfida, l’ Italia partecipa alla gara del riarmo in modo diacronico e fallace
“La nostra marina ha solo 63 missili”. Esordiva così il Ministro italiano della Difesa Guido Crosetto, durante una commissione Difesa un mese e mezzo fa, all’ inizio dell’attacco “difensivo” americano della USS Thomas Hunder, lanciando 83 razzi verso postazioni di controllo radar di droni occupate dal gruppo paramilitare houti, nello Yemen occupato. Punto cardine della supply chain mondiale, lo stretto di Bab el-Mandeb è bersagliato da quasi un mese da missili, droni e squadre di miliziani yemenite, per via delle merci che transitano via nave in aiuto di Israele.
L’Esercito Italiano è sufficientemente moderno e meccanizzato? Se sì, potrebbe sopportare uno scontro bellico secondo gli attuali dettami tattici?
COMPOSIZIONE E CRISI DELL’ APPARATO MILITARE ITALIANO
Il Global fire power index 2023, indice che stila la potenza dei vari eserciti mondiali, in base a 60 fattori che ruotano tra apparato militare bellico, amministrativo e risorse nazionali, ha posizionato l’esercito italiano in 10° posizione, dietro a Stati come Pakistan (7), o India (4), eserciti che hanno visto una grandissima espansione viste le minacce continentali crescenti nell’ area indo-mediorientale. Nato simbolicamente nel 1946 con la costituzione della Repubblica, l’esercito italiano è stato storicamente un “esercito volutamente grosso” (La Banca 2022) per via delle continue ondate di finanziamenti (sempre crescenti) verso l’organo militare, anche estere, come nel caso del Piano Marshall del 1948 o pieni segreti tra SIFAR, CIA e poi NATO (organi di stay behind).
Con una spesa annua che è stata aumentata nella nuova legge di bilancio da 25,7 a 26,5 miliardi di euro, l’attuale composizione dell’Esercito italiano ammonta a quasi 93.000 membri (se si contano l’insieme delle Forze Armate Italiane si arriva a 392.000) affiancati ad un ulteriore lista di 42.000 unità di riservisti, con un’età media di 39 anni, molto alta se guardiamo a Paesi come Cina o India, ma in linea con paesi occidentali. L’esercito, però, ha sempre patito una “distanza” in quelli che sono i sistemi di management e addestramento, a partire dall’ ondata di “nuclearizzazione” dei paesi della NATO post 1950. L’Italia è stata sempre in posizione di svantaggio in termini di addestramento verso l’uso della balistica nucleare e armamenti moderni, visto che non provenivano direttamente dalle branche industriali belliche italiane, problema che portiamo ancora oggi, soprattutto in ambito di ricerca e sviluppo, ma dai paesi alleati, come Usa, Francia e Inghilterra. Quest’ ultimo offriva l’addestramento alle truppe delle forze speciali negli anni Settanta sotto l’operazione Gladio.
Finita l’ “età fredda”, l’ esercito, durante la carica di ministro della difesa, prima di Cesare Previti e poi del generale Domenico Corcione, si aprì ad un rimodellamento che appariva necessario, visto l’ abbandono di un singolo “fuoco” da contrastare, addestrato per 30 anni sempre secondo le stesse modalità. Dopo l’ infausto attentato di Nassirya del 2003, sotto l’ egida della “missione antica babilonia”, varie investigazioni dimostrarono come il sistema di leva non ricopriva tutte le regioni d’Italia, ma i militari di truppa rappresentavano specifiche parti d’Italia, annullando la tradizione di “soldati che incarnavano l’Italia”. L’ esercito fu colto alla sprovvista dalla crescita di altri piccoli fuochi, come Iraq e Bosnia. Fu abbandonato, così, l’esercito di leva e fu adottato un esercito di mobilitazione e caserma, adattandosi a reparti e stili di addestramento di warfare della NATO e ONU, ed essendo anche in combutta tra di loro, dal momento che l’Italia, nel contributo del “2%” del pil in rapporto alla spesa sulla difesa, si attesta all’ 1,4% a causa degli enormi costi del mantenimento e ammodernamento dell’esercito. Quindi si evidenzia una evidente difficoltà nella preparazione di personale highly spec, non adatto a operazioni combat, ma solo di paece-keeping: (Afghanistan 2001), (Bosnia 90/2000). Pertanto, in un mondo dominato da guerre ibride e asimmetriche, da eserciti largamente adoperatori di eserciti meccanizzati, l’esercito italiano stenta a evolversi e ad ammodernarsi.
E’ proprio nell’ apparato meccanizzato che l’Italia si rivela in uno stato di svantaggio abissale rispetto ad altre potenze anche non continentali sopracitate, come India o Pakistan. Con soli 200 carri MBA (main-battle tanks), di produzione italiana, gli Ariete C1, sviluppati dal consorzio Iveco-OTO Melara nel 1984, entrati in servizio effettivo nel 1995, sono dei carri che hanno difficoltà a rimanere al passo con i tempi. Cannone da 120 mm sviluppato da OTO-Breda, motore turbo diesel Iveco e sistema di corazza dello scafo e torretta in acciaio e materiali compositi, simili a Challenger-1 e M1-Abrams, ma visto lo squilibrio di peso, l’ ariete è meno corazzato nella parte laterale dello scafo, corazzato in seguito grazie a una corazza in materiali compositi, mentre in carri come questi sopracitati o anche nel Leclerc francese, che sono in grado di sparare con precisione anche ai 40 km/h, l’ ariete deve decelerare ai 20 km/h per poter avere un tiro pulito. L’ ariete è il vero tallone d’ achille italiano e punta ad essere messo in disuso nel 2030. Ma con il recente programma “ariete AMV”, aggiornamento mezza vita, vengono aggiunte delle corazze PSO, in materiale composito a protezione della corazza, un aumento della potenza motore da 1250 cavalli a 1500 complessivi e un sistema trophy antibalistico ai lati. Ma finora solo 3 modelli su 200 sono stati aggiornati.
Per far fronte a questo problema, il ministro della difesa ha stanziato 8,24 miliardi di euro per acquistare Leopard 2 A8, insieme ad altri blindati altamente specializzati. Questi nuovi carri verranno costruiti in Italia, secondo una join venutre tra l’italiana Leonardo e Knds, francese e tedesca, dove gli uomini di Palazzo Baracchini auspicano la creazione di un nuovo “Tempest” (il programma intereuropeo di ricerca e sviluppo di un nuovo caccia di 6a generazione, successore del moderno e prestigioso Eurofighter Typhoon). Simile all’ addestramento, il reparto degli MBTs italiani ha avuto lo stesso “peccato” di assimilare o utilizzare la componentistica derivata da altri Paesi, senza tentare di svilupparli in loco, sia per motivi finanziari, a causa del costo altissimo di ricerca e di sviluppo, che motivi di addestramento di carristi-piloti-serventi, che richiede una preparazione lunga e difficoltosa, vista ad esempio in Ucraina, dove le truppe di terra hanno avuto enormi difficoltà ad usare tecnologia occidentale, come i carri Leopard o gli F-16 americani.
L’esercito italiano, dunque, secondo gli attuali dettami tattici (Ucraina, Palestina), non avrebbe i mezzi necessari per sopportare direttamente uno scontro bellico. Se l’Italia dovesse attaccare in un campo aperto, come il territorio ucraino la forza italiana sarebbe dovuta essere in rapporto di quella russa 3 a 1. Per cui, su un totale di ipotetici 300 carri usati nelle campagne adiacenti a Kiev, l’Italia avrebbe dovuto usare 600 carri (MBT, essendo i carri non cingolati come il Freccia o Centauro inusabili per via della loro leggera corazzatura) senza contare la fanteria. In caso di guerra urbana, gli studi strategici impongono un rapporto di 6/1 rispetto alle forze nemiche. Quindi, di fronte ad una immaginaria Gaza City o Khan Younis, l’esercito italiano avrebbe dovuto usare, a fronte di 30 carri dispiegati in area urbana, un quantitativo di 180 carri.
Dunque è fondamentale ribadire quanto l’ opzione bellica, di qualunque modalità, possa essere sbagliata e irrazionale. L’Italia deve chiedersi quanto la guerra possa aiutare e se sia pronta a scendere in campo come attore principale, non marginale.
Francesco Ferrazzo
BIBLIOGRAFIA
esercito.difesa.it/Rapporto-Esercito/Documents/RE20_25_02_A4.pdf
La mappe dell’invasione russa in Ucraina aggiornate al 18 aprile 2022 (rainews.it)
https://www.difesa.it/assets/allegati/29/8937a834-bc3e-4db6-9420-c081aaecb27c.pdf
The first of three C1 Ariete ‘AMV’ upgrade started the trials. – Italian Defence Technologies
https://armstrade.sipri.org/armstrade/html/export_values.php (export italiano)
https://armstrade.sipri.org/armstrade/page/values.php (import italiano)
Ariete – Wikipedia
Global Fire Power: ecco la classifica degli eserciti più potenti al mondo del 2023 | Forze Italiane
Equipaggiamento dell’Esercito Italiano
Forze armate italiane
Guerre ed eserciti nell’età contemporanea
Nicola Labanca, Il Mulino, 2022
Manuale di studi strategici. Da Sun Tzu alle ‘guerre ibride’
di Giampiero Giacomello, Gianmarco Badialetti Vita e Pensiero, 2017