Il 31 maggio, dopo mesi di negoziati, è stato stretto a Dubai l’accordo di libero scambio tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti. Ad apporre le firme sono stati la Ministra dell’Economia e dell’industria israeliana Orna Barbivai e il suo omologo emiratino, Abdulla bin Touq al-Marri. L’“Accordo di parternariato economico globale”, siglato CEPA, rappresenta il primo grande accordo commerciale che Tel Aviv abbia mai realizzato con uno Stato arabo.
Come si è arrivati all’accordo
Il prequel di questo risultato lo si può trovare il 13 agosto 2020, giorno della storica firma degli “Accordi di Abramo”. In breve, si tratta di una dichiarazione d’intenti con la quale Israele ed Emirati Arabi Uniti avevano deciso di promuovere il dialogo interculturale e la fiducia reciproca al fine di accelerare la stabilizzazione del Medio Oriente e limitare i processi di radicalizzazione che stanno continuando a verificarsi nel territorio.
Sempre due anni fa, immediatamente dopo gli Emirati, anche Sudan, Bahrein e Marocco avevano scelto di percorrere la stessa strada normalizzando a loro volta i rapporti con Israele. Prima di questi importanti avvenimenti soltanto due paesi a grande maggioranza musulmana avevano mediato accordi diplomatici con Tel Aviv: si parla dell’Egitto nel 1979 e della Giordania nel 1994.
Tutti i trattati sono stati firmati a Washington in presenza dei presidenti americani. Dagli anni ’60, infatti, gli USA hanno dato un appoggio pressoché costante allo Stato ebraico, ritenuto l’unica democrazia presente nel territorio e indispensabile zona strategica dal punto di vista sia economico – si pensi al fatto che Israele vanta uno dei settori high tech più avanzati del mondo – che elettorale: gli Stati uniti ospitano la più grande comunità ebraica dell’intero pianeta.
A capo di questa serie di accordi di pace vi è l’intento condiviso di contenere il potere d’azione in Medio Oriente da parte soprattutto dell’Iran, che rispetto agli Emirati si trova proprio dall’altra parte del Golfo. L’ex presidente israeliano Netanyahu aveva in passato più volte paragonato gli esponenti della repubblica islamica ai nazisti, riallacciandosi allo stile della retorica americana e accentuando la strategia di massima pressione messa in atto dagli USA nei confronti di Teheran. In questo specifico periodo storico, inoltre, si deve tenere in considerazione anche l’amicizia che intercorre tra il governo di Teheran e il Cremlino e l’importanza che degli scambi pacifici tra tutti i loro principali avversari può avere dal punto di vista economico.
Perché questo accordo è così importante
Il Primo Ministro israeliano Naftali Bennett ha elogiato l’accordo di parternariato definendolo come il più veloce ad essere stato firmato nella storia di Israele e ha poi ringraziato il principe ereditario Abu Dhabi Mohamed Bin Zayed per aver permesso questo rapido processo.
L’accordo commerciale ha definito aliquote fiscali, importazioni e proprietà intellettuali delle parti allo scopo di spingere molte società israeliane a creare nuovi uffici negli Emirati Arabi Uniti, in particolare a Dubai. Si prevede che entro la fine di quest’anno circa un migliaio di aziende israeliane inizieranno a lavorare con o attraverso gli Emirati, stringendo di conseguenza rapporti anche con l’Asia meridionale e l’Estremo Oriente. A questo proposito va ricordato che Abu Dhabi aveva firmato, a febbraio, un trattato simile anche con l’India, mentre sta continuando con l’azione diplomatica per procedere in futuro con Indonesia e Corea del Sud.
“Il nostro accordo accelererà la crescita, creerà posti di lavoro e porterà a una nuova era di pace, stabilità e prosperità in tutta la regione”
Così si è espresso ieri su Twitter il Ministro per il Commercio Estero degli UAE su Twitter, Thani al-Zeyoudi. Sostanzialmente, attraverso l’accordo sono state eliminate le tariffe sul 96% delle merci tra le quali figurano cibo, attrezzature mediche, medicinali e cosmetici. Gli UAE prevedono che il commercio bilaterale aumenterà di più di 10 miliardi di dollari all’anno entro i prossimi cinque anni.
“Insieme rimuoveremo le barriere e promuoveremo il commercio globale e le nuove tecnologie, che formeranno una solida base per il nostro percorso comune, contribuiranno al benessere dei cittadini e renderanno più facile fare affari.”
Questo è invece il commento della Ministra dell’Economia e dell’Industria israeliana Orna Barbivai.
Fronte comune contro Iran e Russia prima di ogni altra cosa
Che gli Emirati Arabi Uniti, paese musulmano e aperto sostenitore della causa palestinese, stringa un accordo commerciale così importante con il simbolo del principale problema del Medio Oriente è un chiaro segnale che oltre alle questioni di principio ci sono al momento altre urgenze. Sono state ignorate anche le terribili violenze avvenute proprio nelle ultime settimane, tra cui la carica della polizia israeliana contro il corteo funebre della celebre giornalista di Al-Jazeera, la palestinese Shireen Abu Akleh.
Iran e Russia stanno già da tempo rafforzando i loro rapporti grazie alla pressione condivisa delle sanzioni statunitensi. Lo scorso mese, durante l’incontro a Teheran tra il vice Primo Ministro russo Alexander Novak e il Ministro del Petrolio della Repubblica islamica dell’Iran Javad Owji, è stato sottolineato come per i due paesi sia ora estremamente necessario coprirsi le spalle a vicenda in campo energetico. “La Russia era al nostro fianco quando siamo stati sanzionati, quindi oggi consideriamo nostro dovere essere al fianco della Russia in queste difficili condizioni e fornire assistenza”, così precisa Owji.
Anche nell’area nucleare siamo vicini a una cooperazione tra Iran e Russia, mentre non abbiamo altrettanti strumenti per comprendere le intenzioni della Cina. Alla luce della situazione complessiva è ormai chiaro che le questioni interne al Medio Oriente devono essere necessariamente accantonate a favore di un’azione congiunta, a prescindere dalle simpatie, nei confronti del pericolo che un fronte unito Cina-Russia-Iran rappresenta per gli equilibri globali.