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Mondo imprenditoriale, Stato e interesse nazionale

Dall’egemonia americana al ritorno dello stato imprenditore. Condizione necessaria per sopravvivere.

Nel mondo della post-globalizzazione gli stati ricchi, che in precedenza avevano trovato conveniente delocalizzare la produzione manufatturiera, hanno ora, al contrario, la necessità di riportarla all’interno dei propri confini. Lo Stato deve, quindi, ritornare a svolgere il ruolo di imprenditore, almeno in alcuni settori strategici. Questa è una delle premesse fondamentali per la formulazione di un piano industriale italiano, nonché l’unica strada per ritornare all’interno delle filiere produttive, fuori dalle quali siamo destinati ad andare verso un progressivo impoverimento e ad una irrilevanza nello scenario mondiale. 1 

Veniamo da trent’anni di politiche neoliberali che hanno desertificato il tessuto industriale del nostro Paese, favorendo lo sviluppo del settore terziario, alla quale crescita è bene ricordare hanno contribuito anche la demografia dei paesi occidentali, lo sviluppo di internet, e l’apertura dell’economia ai mercati globali. 2 Al contrario, però, dell’industria, i servizi non garantiscono un’autosufficienza strategica nel momento in cui gli americani manifestano con evidenza sempre maggiore l’intenzione, ad esempio, di delegare ai paesi alleati la loro autodifesa.

Le cinque aziende italiane partecipate strategiche secondo Mario Giro.

Il modello di “Stato imprenditore” ideato da Beneduce e Mattei era rappresentato dall’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), che aveva coordinato il panorama industriale italiano fino ai primi anni ’90, ad esclusione del settore energetico, delle Ferrovie e delle Poste, oltre ai grandi gruppi privati italiani Fiat, Montedison, Pirelli e Olivetti. Dopo la chiusura dell’IRI le politiche di libero mercato hanno prevalso nelle scelte della classe dirigente che, anch’essa rinnovata con l’avvento prorompente della seconda Repubblica, non ha più considerato la strategia, intesa come disegno di lungo periodo, uno degli elementi principali della pianificazione politica. Così facendo si è passati dalla figura dello “Stato imprenditore” a quella dello “Stato azionista”, privato dunque della capacità di pianificazione industriale. Pertanto, le azioni di breve termine sono diventate prevalenti e, ancora oggi, vendere azioni delle società partecipate (aziende di cui lo Stato detiene una quota, minoritaria o maggioritaria, di proprietà) sembra essere l’unico modo per far quadrare i conti nella manovra di bilancio. Sottovalutando la doppia utilità delle partecipate, le quali servono gli interessi del Paese e generano profitti, si preferisce ancora il guadagno immediato rispetto alla rendita sul lungo periodo. 

Il potere economico prevale su quello politico

Con l’indebolimento dell’Unione Sovietica e successivamente con la sua caduta, il potere economico, bramoso di monopoli, ha cominciato a porre la propria attenzione sulle aziende di Stato. Da quel momento, infatti, compagnie di banche, assicurazioni, servizi aerei, telecomunicazioni, distribuzione energetica, trasporto autostradale o ferroviario iniziarono ad essere ceduti in toto o in parte ai privati, ignorando che il passaggio da monopoli pubblici a privati può essere incompatibile con il benessere collettivo. 3 Le motivazioni che vennero fornite per giustificare queste scelte furono sono le seguenti: l’adesione ai parametri di Maastricht e, dunque, alle regole sulla concorrenza e sull’aiuto pubblico alle imprese e l’attenuazione del debito pubblico, incassando liquidità dalle vendite ed eliminare gli sprechi affidandosi alla presunta miglior gestione attribuita al settore privato. Quest’ultima credenza negli anni è divenuta un dogma, che ha portato a pensare che lo Stato non potesse imparare dai suoi errori o avvalersi di esperti provenienti dal mondo privato per gestire i processi più critici che in passato sono stati fonte di inefficienze. 

L’assalto del capitale finanziario ai monopoli naturali di Stato sembra inarrestabile: temendo con l’esaurimento dei fondi del PNRR un ritorno all’austerità provocata dai limiti di bilancio imposti da Bruxelles l’esecutivo Meloni pianifica un piano di privatizzazioni dei porti coinvolgendo il colosso finanziario americano Black Rock e la compagnia logistica svizzera MSC. 4


Il modello dello “Stato imprenditore”, tuttavia, non è stato abbandonato da altri paesi come la vicina Francia, la quale ha sempre mantenuto un controllo statale sui maggiori gruppi industriali, che poi hanno finito per acquisire alcuni di quelli italiani. Fanno eccezione le aziende di Cassa Depositi e Prestiti, le quali hanno mantenuto una partecipazione azionaria sufficiente a detenerne il controllo. 5 

carta di Limes

Utilizzo strategico delle partecipate

Un esempio di utilizzo strategico e mirato di una pubblica compagnia è quello di Alitalia, il cui obbiettivo sarebbe stato quello di assicurare agli italiani voli a prezzo agiato all’interno e possibilmente anche all’esterno dei confini nazionali. Altri paesi usano le loro compagnie aeree di bandiera per operazioni commerciali e strategiche, muovendo ad esempio operatori economici su rotte non redditizie per il mercato ma individuate come priorità dallo Stato che detiene la compagnia. Appare dunque paradossale il ricorso a fondi pubblici per sovvenzionare compagnie private, quasi sempre straniere, al fine di mantenere aperte rotte che collegano gli aeroporti italiani, servizio che dovrebbe essere compito della compagnia di bandiera. Solo nel 2023, infatti, la compagnia irlandese Ryanair ha incassato 217 milioni di euro dallo Stato. 6 7

Un’altra azienda strategica è quella delle telecomunicazioni Tim, gestore dei cavi internet subacquei, il cui possesso di tale infrastruttura consente di controllare il flusso dei dati all’interno del Paese. Sarebbe di vitale importanza, per ovvie ragioni, che lo Stato rimanesse il primo titolare di capacità tanto rilevanti. Al contrario, fino a marzo 2025 quando Poste Italiane ha rilevato la quota del Paese transalpino, la Francia rappresentava il socio di maggioranza della società, mentre gli Stati Uniti sono il maggior azionista della rete dei cavi di collegamento sotterranei in territorio italiano.

Foto di Olivier CABARET, PARIS, FRANCE – Paris Air Show 2019 – Le Bourget

Il caso dell’industria automobilistica è per l’Italia la nota più dolente: essendo il possesso dell’automobile privata il bene popolare più incisivo del benessere di una popolazione, 8 produrla sul suolo nazionale o doverla importare dall’estero ha un peso notevole sulla bilancia commerciale. Inoltre, questo delicato settore aumenta il numero di persone all’interno del Paese dotate di rilevanti capacità tecniche ad alto valore aggiunto; la perdita di questa filiera evidenzia forse il culmine dello smarrimento strategico industriale italiano. Mentre nel secolo precedente la FIAT seguiva le necessità del Belpaese ora la società Stellantis valuta la trasformazione in un colosso finanziario liberandosi del peso dell’industria ma anche dei vantaggi che comportano la produzione e l’investimento nel mercato reale. 9 Il governo è sempre più costretto ad importare dall’estero automobili destinate a servizi pubblici o alle forze dell’ordine quando potrebbe benissimo produrle internamente senza arricchire altri paesi. Se ce ne fosse la volontà politica l’industria automobilistica DR Automobiles Group, qualora nazionalizzata, potrebbe essere una buona base di partenza per una futura rinascita di un’industria automobilistica italiana.

Nel corso degli anni è andato consolidandosi lo stereotipo negativo del “carrozzone pubblico” generato dall’errore di aumentare il personale senza pianificare obbiettivi di sviluppo. Tuttavia, ci si è accorti presto che il privato fa gli interessi del privato e non quelli dello Stato con conseguenze come, ad esempio, delocalizzazioni e assenza di investimenti.

 Foto da sito web tispakle.com

I nostri “avversari” fanno ampiamente uso del finanziamento pubblico

La vendita di aziende pubbliche e private ad operatori esteri, a volte di dubbia affidabilità, risulta essere una tendenza sempre più pericolosa per il Paese, considerando che oggi il tema della guerra è tornato di strettissima attualità, e il mondo si sta dividendo nuovamente in blocchi contrapposti, aumentando il rischio che tutto ciò possa generare conflitti nei quali cadere direttamente coinvolti. Inoltre, i paesi che sono identificati come rivali degli Stati Uniti, ossia Cina, Russia ed Iran, fanno già uso del finanziamento pubblico per ricerca e sviluppo o per incrementare la produzione industriale.  

Secondo l’analista Alessandro Aresu: “L’Italia avanza indifesa”. Manca, egli dice, di un suo potere finanziario. Un fondo di investimento che metta al sicuro le aziende italiane dai grandi capitali stranieri, soprattutto americani, che acquisiscono aziende redditizie per poi estrapolarne le componenti essenziali ed infine abbandonarle una volta consumata la loro utilità. 9 Gli Stati Uniti, pur non essendo prettamente uno “Stato imprenditore”, investono copiosamente fondi pubblici nella ricerca tecnologica per le aziende private o università. Un altro consiglio di Aresu è di creare quindi un fondo che possa finanziare le giovani e nascenti imprese sul modello dell’istituto tedesco Fraunhofer. L’Italia non ha saputo garantire investimenti in ricerca e sviluppo a causa di un capitalismo italiano “pigro” e della mancanza di strategia. Ecco che “l’interesse nazionale” ritorna prepotentemente e con evidenza. 10

Foto da Space Economy 360

In definitiva che fare?

Gli investimenti necessari non sono appetibili per il privato, quindi se ne deve far carico lo Stato. Come conseguenza lo Stato ritorna al centro dell’azione e comincia a pianificare iniziative che hanno un interesse nazionale più ampio. Per esempio, con l’investimento nella ricerca nel campo missilistico si possono ottenere e migliorare componenti tecnologiche utili non solo per il settore della difesa ma anche per altre funzioni, come il lancio di vettori nello spazio o la produzione satellitare (possiamo citare il nuovo vettore spaziale Vega C di Avio).  

Dato il quadro di queste premesse, potremmo immaginare per i prossimi anni l’aprirsi di una nuova stagione di strette collaborazioni tra lo Stato ed il mondo dell’imprenditoria, in quei settori che potranno assumere un valore particolare per l’avanzamento del Paese nella ricerca tecnologica e scientifica, nelle infrastrutture ed in generale nella produzione industriale. 

 Bibliografia

1 Fabrizio Maronta, All’Italia serve l’industria, all’industria serve lo Stato, Limes rivista di geopolitica italiana, 11/04/2024/ sito web: https://www.limesonline.com/rivista/all-italia-serve-l-industria-all-industria-serve-lo-stato-15314005/ 

2 Domenico Siniscalco, Settore, Treccani, Enciclopedia delle Scienze Sociali, Terziario https://www.treccani.it/enciclopedia/settore-terziario_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/

3 Le privatizzazioni avviate negli anni Novanta, Ministero dell’economia e delle Finanze, sito web: https://www.de.mef.gov.it/it/attivita_istituzionali/partecipazioni/privatizzazioni/privatizzazioni_avviate/ 

4 Diego D’Amelio, Giovanni TOMASIN L’AMERICA RISCOPRE TRIESTE, TRIESTE RISCOPRIRÀ L’AMERICA?, Limes , 30/12/2024, sito web: https://www.limesonline.com/rivista/trieste-america-stati-uniti-porto-di-trieste-balcani-imec-trimarium-via-del-cotone-18075508/

5 Ugo Arrigo, Come l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale) ha cambiato l’Italia, 22/04/2024, Start Magazine, sito web: https://www.startmag.it/economia/italia-stato-imprenditore-iri-privatizzazioni/ 

6 Aldo Fontanarosa, Incentivi ad atterrare: Ryanair fa il pieno con 217 milioni nel 2022, Repubblica, 21/09/2023, sito web: https://www.repubblica.it/economia/2023/09/21/news/incentivi_ad_atterrare_ryanair_fa_il_pieno_con_oltre_218_milioni_nel_2022-415225750/#:~:text=Incentivi%20ad%20atterrare%3A%20Ryanair%20fa%20il%20pieno%20con%20217%20milioni%20nel%202022,-di%20Aldo%20Fontanarosa&text=ROMA%20%2D%20Al%20Bancomat%20Italia%2C%20Ryanair,cost%20soltanto%20lo%20scorso%20anno

7 Leonard Barbieri, Aerei, le low cost volano in Italia grazie a 391 milioni di incentivi all’anno, Corriere della sera, 16/06/2020, sito web: https://www.corriere.it/economia/aziende/20_giugno_16/aerei-low-cost-volano-italia-grazie-391-milioni-incentivi-all-anno-a477a2ea-af0b-11ea-a957-8b82646448cc.shtml#:~:text=Ryanair%2C%20stando%20ai%20calcoli%2C%20ottiene,’aviazione%20civile%20(Enac)

8 Uri Dadush, In Search of the Global Middle Class: A New Index, Carnegie Endowment for International Peace, 23/07/2012, https://carnegieendowment.org/research/2012/07/in-search-of-the-global-middle-class-a-new-index?lang=en

9 Andrea Muratore, Stellantis, Start-up e tech, le mosse di Elkann per diventare il Buffett italiano, Inside Over, 28/10/2024, https://it.insideover.com/economia/start-up-e-tech-le-mosse-di-john-elkann-per-diventare-il-buffett-italiano.html

10 Alessandro Aresu, Una strategia per il capitalismo italiano, 05/03/2019/, Limes rivista di geopolitica italiana, sito web: https://www.limesonline.com/rivista/una-strategia-per-il-capitalismo-italiano-14632981/ 

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