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Da Ottawa a Kiev: la democrazia deve difendersi

La democrazia rischia di snaturarsi, Putin e i Convogli della Libertà la mettono a dura prova

La questione in Ucraina e le proteste dei camionisti in Canada rappresentano due sfide diverse al sistema democratico: l’attacco esterno portato avanti da Putin tende a calcolare la capacità di coordinarsi delle democrazie, mentre l’attacco interno palesa evidenti problemi nella limitazione delle manifestazioni democratiche a causa della pandemia. Tutto entra in una dinamica che può avere risvolti epocali sul futuro del sistema occidentale.

Ucraina fuori controllo

“Lasciate l’Ucraina” è l’invito della Farnesina agli italiani che si trovano attualmente nella regione, il tutto segue ovviamente a messaggi simili inviati dai ministeri degli altri paesi occidentali. Il fatto che gli stessi Stati Uniti abbiano ammesso di “non essere in grado di evacuare i propri cittadini” qualora dovesse scoppiare un conflitto ha sicuramente allarmato gran parte del mondo occidentale.

Da questo punto di vista, gli stessi ucraini stanno naturalmente mantenendo un comportamento ondivago, un doppio volto: verso l’interno, Kiev prepara i propri cittadini ad un’invasione, le Forze di Difesa Territoriale si stanno dividendo in brigate per ogni regione, arruolando di fatto i civili e insegnando tecniche basilari di guerriglia in modo che “i cittadini possano proteggere i propri vicini di casa”; verso l’esterno invece, gli ucraini predicano la calma e chiedono ai leader occidentali una mediazione. 

La sfida esterna

Tutto questo sta però di fatto componendo una sfida allo stesso sistema democratico, dopo Biden e Macron anche il cancelliere tedesco Scholz ha incontrato Putin nel tentativo di scongiurare il conflitto. Quello che Putin vuole, ammassando un tale numero di soldati al confine (contingente che però non ha la forza di rimanere lì ancora per molto) è scongiurare ovviamente una ulteriore espansione della NATO. Questo stesso obiettivo è stato rimarcato anche nel documento congiunto sino-russo che, pur evitando l’utilizzo della parola “alleanza” ha posto le basi per uno schieramento alternativo alla struttura democratica a guida statunitense. 

Il fatto che il documento lasci trasparire una prevalente influenza cinese aiuta a comprendere come effettivamente la situazione ucraina stia mettendo sotto pressione lo stesso Putin. Anche se l’Ucraina non viene citata apertamente, l’opposizione all’espansione della NATO e la collaborazione (questa volta esplicita) sulla questione Taiwan pongono evidenti spunti e posizioni sull’Ucraina anche da parte di Pechino. 

Ora le democrazie occidentali corrono il rischio di doversi confrontare, in un futuro prossimo, con un modello alternativo in grado di coordinarsi e collaborare sulle tematiche tecnologiche, militari e politiche. La crisi ucraina, qualunque sia il suo epilogo, rischia di giocare un ruolo fondamentale per quel che riguarda la tenuta internazionale del sistema democratico e la sua capacità di relazionarsi con l’esterno. 

La sfida interna

La questione ucraina va quindi di fatto a palesare una sfida esterna alla democrazia, ma il sistema occidentale subisce anche delle defezioni e delle critiche interne rappresentate nelle ultime settimane dai camionisti canadesi. Le proteste dei camionisti, che si riuniscono sotto l’appellativo di Convogli della Libertà hanno di fatto posto sotto assedio Ottawa. I manifestanti hanno bloccato le strade della capitale canadese con i loro camion per protestare contro le restrizioni dovute al Covid, che in particolare imponevano l’obbligo vaccinale agli autotrasportatori che entravano in Canada. Nonostante il numero dei manifestanti sia esiguo (circa ottomila persone), il clamore suscitato dalle proteste ha fatto si che dilagassero rapidamente anche negli Stati Uniti e in Francia. 

Come sottolinea anche il New York Times, pur essendo le ragioni della protesta scarsamente condivisibili, si pone un problema interno alle democrazie. In effetti, il primo ministro canadese Trudeau (del quale al momento non si conosce la posizione per motivi di sicurezza dovuti proprio alle proteste) si è schierato apertamente contro i convogli dichiarando che essi andavano a “bloccare la democrazia e l’economia”. Lo stesso primo ministro aveva però solidarizzato pochi mesi fa con i manifestanti indiani (che manifestavano contro le nuove Farm Laws) dichiarando che il Canada sarebbe sempre stato dalla parte delle proteste pacifiche. 

KEYSTONE (EPA/ANDRE PICHETTE)

La sfida è di quelle epocali, una sfida che intacca la stessa struttura della democrazia, basata di fatto anche sulla libertà di manifestazione e sulla tutela della minoranza (anche se particolarmente risicata come in questo caso). Come le proteste dei “gilets jaunes” anche in questo caso si tratta di manifestazioni spinte dalla rabbia, che trovano spesso la solidarietà dell’estrema destra (Trump ha immediatamente solidarizzato con i manifestanti) e che non possono essere risolte con dei semplici negoziati. 

Le manifestazioni non violente sono utili a preservare quella coesione sociale che è fondamentale all’interno di una democrazia, specialmente in una società così polarizzata. Il fatto che poi le proteste partano proprio dal Canada, solitamente considerato un paese tranquillo da questo punto di vista, ci aiuta a comprendere come sia diventato fondamentale evitare una commistione tra libertà di manifestazione pacifica ed emergenza sanitaria. Rinunciare alle manifestazioni troppo a lungo potrebbe causare una vera e propria implosione della democrazia come modello chiave. 

Una difesa incerta

Da Kiev a Ottawa la democrazia si ritrova sotto attacco, le sfide epocali vanno a definire la sua stessa struttura e capacità di coordinarsi, proprio nel momento in cui la sua principale potenza sta vivendo la naturale fase di declino del proprio processo egemonico. Non è detto che il blocco democratico sia in grado di reagire, le spinte sino-russe (per quanto embrionali e fragili) e l’accantonamento di alcune libertà fondamentali a causa della pandemia possono mettere seriamente in dubbio la validità stessa del sistema democratico, generando una situazione pericolosissima. 

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