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L’Occidente tra crisi e rinnovamento

Il discorso di JD Vance a Monaco e la sfida geopolitica del XXI
secolo

La politica internazionale si sviluppa attraverso la combinazione di interessi nazionali, strategie a lungo termine e narrazioni politiche capaci di modellare l’opinione pubblica. In questo quadro, il discorso pronunciato dal Vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance alla Conferenza di Monaco il 14 febbraio 2025 (a) non si limita a descrivere il momento storico, ma lo incornicia in una visione strategica precisa, che ridefinisce i rapporti di forza tra gli Stati Uniti e l’Europa e delinea un’interpretazione delle sfide globali da una prospettiva americana.


Più che ribadire il sostegno incondizionato degli Stati Uniti all’Europa, il suo discorso ha lanciato un attacco alle istituzioni europee, alla gestione della democrazia e alla politica migratoria, sottolineando il disincanto di Washington nei confronti di un’alleanza che appare sempre più fragile. Oggi la Casa Bianca sembra, dunque, voler rimettere in discussione le fondamenta stesse della partnership occidentale. L’intervento del vice di Trump ha delineato un’America che non solo chiede agli europei di farsi carico della propria sicurezza, ma che vede l’Europa stessa come un problema. Con una retorica che oscilla tra il populismo e la denuncia delle élite, Vance ha delineato una visione del mondo in cui l’Occidente è minacciato non solo da attori esterni come la Russia e la Cina, ma, soprattutto, da una crisi interna di valori e identità. L’Europa, secondo Vance, sta perdendo la propria identità, si sta auto-sabotando con un modello burocratico incapace di ascoltare la volontà popolare e con un sistema politico che soffoca il dissenso. Questa è una posizione che affonda le sue radici nella geopolitica trumpiana, ma che trova eco sempre più forte anche nei movimenti sovranisti europei.

Il destino dell’Europa: un continente in crisi

L’intervento di Vance non è solo una diagnosi, ma una dichiarazione di intenti. Il Vicepresidente dipinge un’Europa in ritirata, incapace di difendere le proprie istituzioni democratiche e sempre più soggetta a derive censorie e burocratiche. Il riferimento all’annullamento delle elezioni in Romania e alle minacce alla libertà di espressione in vari paesi UE non sono semplici esempi isolati, ma tasselli di una narrazione più ampia: l’Unione Europea sta tradendo i suoi stessi principi fondanti e, così facendo, mina la stabilità del blocco occidentale.

“Now I was struck that a former European commissioner went on television recently and sounded delighted that the Romanian government had just annulled an entire election.”
[“Sono rimasto colpito dal fatto che un ex commissario europeo sia andato in televisione di recente e si sia detto felice che il governo rumeno abbia appena annullato un’intera elezione.”]

L’Europa di Vance non è più il fulcro della difesa atlantica, ma un’entità politica vulnerabile, caratterizzata da un’instabilità crescente e dall’incapacità di rispondere efficacemente alle sfide contemporanee. La critica alla tecnocrazia di Bruxelles riecheggia le posizioni già espresse dalle forze populiste europee, che vedono l’UE come un sistema sempre più distante dai cittadini e privo di legittimità democratica.
L’Europa dell’integrazione e del multilateralismo, un tempo partner privilegiato degli Stati Uniti, si trova ora a essere considerata un ostacolo da superare.

L’Informazione come campo di battaglia geopolitico

Uno degli aspetti più incisivi del discorso di Vance è l’accusa diretta alle istituzioni europee per il loro crescente controllo dell’informazione. Il passaggio in cui definisce i funzionari dell’UE “commissars”, richiamando la terminologia sovietica, non è solo una critica politica, ma un vero e proprio affondo simbolico. L’idea sottostante è che Bruxelles non sia più la capitale della libertà europea, bensì il centro di un apparato sempre più incline alla repressione del dissenso.

“I look to Brussels, where EU commissars warned citizens that they intend to shut down social media during times of civil unrest.”
[“Guardo a Bruxelles, dove i commissari dell’UE hanno avvertito i cittadini che intendono chiudere i social media durante i periodi di disordini.”]

L’informazione, nel XXI secolo, è un’arma di potere. Controllare le narrative significa controllare la percezione della realtà e Vance non nasconde il suo scetticismo nei confronti di misure restrittive da adottare nei confronti dei media e dei social network. La difesa della libertà di parola si inserisce dunque in un contesto più ampio: quello della competizione tra modelli di governance. Da una parte, un’America che si presenta come campione della democrazia liberale; dall’altra, un’Europa che, secondo Vance, si avvia pericolosamente verso una gestione autoritaria della società.
Vance ha, dunque, adottato una retorica che combina populismo e realpolitik, sostenendo che la minaccia principale per l’Occidente non proviene da Mosca o Pechino, ma dal declino interno dei valori democratici. 

“ What I worry about is the threat from within: the retreat of Europe from some of its most fundamental values, values shared with the United States of America” [“Ciò che mi preoccupa è la minaccia interna: il ritiro dell’Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti”].

Questo approccio segna una svolta rispetto alle amministrazioni precedenti, per cui l’unità transatlantica era essenziale per contrastare le sfide globali. Vance ha, invece, indicato un’Europa che, lungi dall’essere un baluardo della democrazia, sta tradendo i suoi stessi principi.
L’implicito messaggio è chiaro: mentre gli Stati Uniti sotto Trump riaffermano il principio della sovranità popolare, l’Europa si sta allontanando dalle sue stesse radici democratiche. Questo tipo di retorica segna una rottura con il tradizionale atlantismo repubblicano. Se per decenni Washington ha considerato l’Unione Europea un alleato imprescindibile nella difesa dei valori occidentali, oggi l’amministrazione Trump 2.0 sembra più propensa a criticare Bruxelles che a sostenerla.
Questa strategia potrebbe avere un obiettivo preciso: allineare l’Europa ai conflitti interni che caratterizzano la politica americana. La seconda presidenza Trump vuole esportare la sua guerra culturale, trasformando le tensioni tra élite e popolo in un tema centrale anche per gli europei. La battaglia per la libertà di espressione diventa così un nuovo terreno di scontro geopolitico, dove gli Stati Uniti si propongono come difensori delle libertà individuali contro una presunta tecnocrazia repressiva europea.

La questione migratoria e la tenuta degli Stati-nazione

Un altro elemento chiave del discorso è il tema dell’immigrazione. Vance, infatti, sottolinea come il cambiamento demografico in Europa stia avvenendo senza un reale mandato democratico, ma come risultato di decisioni imposte dall’alto. L’idea che quasi un quinto della popolazione di alcuni paesi europei sia costituito da immigrati non viene presentata solo come un dato statistico, ma come il sintomo di una crisi più profonda: quella della sovranità degli Stati-nazione e della capacità delle democrazie occidentali di rispondere alle aspettative dei loro cittadini.

“Today, almost one in five people living in this country moved here from abroad—that is, of course, an all-time high.”
[“Oggi, quasi una persona su cinque che vive in questo paese è arrivata dall’estero, un livello ovviamente mai raggiunto prima.”] 

L’immigrazione non è solo una questione sociale, ma una faglia geopolitica. Il discorso di Vance suggerisce che la stabilità dell’Occidente dipende dalla capacità di controllare i flussi migratori e di ristabilire un equilibrio tra accoglienza e sicurezza. Anche qui, il richiamo alla volontà popolare è evidente: le politiche migratorie devono essere decise dai cittadini, non imposte da tecnocrazie sovranazionali.
Il riferimento alla crisi migratoria serve anche a evidenziare la debolezza strategica europea, incapace di controllare le proprie frontiere e quindi di definirsi come attore geopolitico autonomo.
L’obiettivo di Washington potrebbe non essere necessariamente quello di fermare l’immigrazione, quanto di sfruttarla come leva per dividere ulteriormente il continente. Un’Europa frammentata da tensioni interne è un’Europa più debole, meno in grado di resistere alle pressioni americane per un riallineamento strategico su posizioni più favorevoli agli Stati Uniti.

La nuova dottrina americana

L’aspetto più interessante del discorso è la ridefinizione del ruolo degli Stati Uniti nel contesto globale. Se l’amministrazione Biden aveva privilegiato il multilateralismo e il dialogo con le istituzioni europee, la nuova amministrazione Trump sembra voler adottare un approccio più netto e assertivo.
L’espressione “In Washington, there is a new sheriff in town” segna una chiara svolta. Gli Stati Uniti non saranno più vincolati alle mediazioni infinite della diplomazia multilaterale, ma agiranno in modo diretto, stabilendo rapporti chiari con gli alleati e ridisegnando le dinamiche dell’Alleanza Atlantica. L’Europa, in questo scenario, non è più vista come un partner alla pari, ma come un attore secondario, chiamato a scegliere se allinearsi alla visione americana o rischiare l’irrilevanza strategica.

Un altro elemento cruciale del discorso è stato l’annuncio, implicito ma inequivocabile, di una riduzione dell’impegno statunitense nella difesa europea. “L’America si concentrerà su aree del mondo che sono in grave pericolo”, ha affermato Vance, lasciando intendere che la priorità strategica si sposterà verso il Pacifico.
Questo segnale non deve essere sottovalutato. Per anni, il ruolo degli Stati Uniti nella sicurezza europea è stato visto come un pilastro immutabile dell’ordine globale. Tuttavia, il secondo mandato di Trump potrebbe segnare un cambiamento epocale, accelerando il passaggio da un’Europa protetta da Washington a un continente costretto a farsi carico della propria difesa.


Se la NATO rimarrà formalmente intatta, la sua coesione interna potrebbe essere messa alla prova da una Casa Bianca meno disposta a garantire un sostegno incondizionato. Questo scenario apre due possibilità per l’Europa: un rafforzamento dell’autonomia strategica, con una maggiore indipendenza militare da Washington, oppure una crescente vulnerabilità di fronte alle sfide geopolitiche globali.
Questa posizione è coerente con la visione di Trump, secondo cui gli alleati devono assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Tuttavia, rappresenta anche un rischio per la stabilità transatlantica: se gli Stati Uniti dovessero davvero ridurre il loro coinvolgimento militare in Europa, gli equilibri di potere nel continente potrebbero cambiare rapidamente, con conseguenze difficili da prevedere.
Tuttavia, dietro questa dichiarazione potrebbe nascondersi un calcolo più sottile. Se da un lato gli Stati Uniti minacciano di ridurre il loro coinvolgimento, dall’altro sanno bene che l’Europa, divisa e priva di una reale capacità militare autonoma, non può permettersi un distacco netto da Washington. La retorica dell’abbandono potrebbe quindi servire come strumento di pressione per ottenere maggiori concessioni dagli alleati europei.

Conclusione: Il futuro dell’Occidente tra crisi e opportunità

Il discorso di JD Vance non è un semplice intervento politico, ma un manifesto di una nuova visione dell’Occidente. Gli Stati Uniti si ripropongono come guida morale e strategica, mentre l’Europa viene invitata a scegliere se seguire questo modello o continuare lungo una traiettoria che, secondo Vance, la porterà al declino.
Per l’Europa, questa svolta pone una sfida esistenziale. Da un lato, le critiche di Vance riflettono tensioni reali all’interno dell’UE, tra un’élite che difende il multilateralismo e un crescente blocco populista che chiede una ridefinizione della sovranità nazionale. Dall’altro, il ridimensionamento del ruolo americano in Europa potrebbe costringere l’Unione a rafforzare la propria autonomia strategica, un processo che finora è stato più dichiarato che attuato.
Il disincanto tra le due sponde dell’Atlantico è ormai evidente. Resta da vedere se porterà a una frattura irreversibile o a una ridefinizione delle relazioni su nuove basi.

Fonti

(a) Vice President JD Vance Delivers Remarks at the Munich Security Conference https://www.youtube.com/watch?v=pCOsgfINdKg&t=3s&ab_channel=TheWhiteHouse

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