Il Governo autorizza la cessioni degli stabilimenti Whirpool ad una società turca ma delibera l’utilizzo dei poteri speciali per tutelare i livelli occupazionali. E’ la prima volta che accade.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il DPCM, proposto dal Ministro delle imprese, Adolfo Urso, con cui si esercitano i poteri speciali (Golden power) a tutela di asset strategici, nell’ambito della fusione tra la divisione euro-mediorientale della statunitense Whirpool e la turca Arcelik.
GOLDEN POWER SULL’OCCUPAZIONE
Il decreto impone specifiche prescrizioni a tutela del patrimonio tecnologico, della capacità produttiva e – per la prima volta – dei livelli occupazionali.
L’operazione, annunciata lo scorso gennaio, prevede la creazione di una joint venture controllata al 75% dai turchi, in cui gli americani conferiranno i sette stabilimenti europei e tutta la forza lavoro e che darà vita ad una società da 20.000 dipendenti e 6 miliardi di euro di fatturato. In Italia sono quattro gli stabilimenti coinvolti ed oltre 4.600 i dipendenti attivi tra Lombardia, Toscana e Marche. Le “sinergie di costo” sono stimate dalle due aziende in 200 milioni di euro.
E sono proprio queste sinergie ad aver preoccupato il Governo (e i sindacati) che ha perciò deciso di autorizzare l’operazione a patto che ciò non produca trasferimento di know-how e licenziamenti.

SE LE LAVATRICI SONO STRATEGICHE
Una decina di anni fa, quando venne varata la normativa sul Golden power, sarebbe stata impensabile la sua applicazione al caso Whirpool. I poteri speciali – nati come Golden share a fine anni ’90 per consentire ai Governi di non perdere il controllo delle aziende privatizzate e poi riformati nel 2012 – avrebbero potuto essere invocati solo a tutela di settori specifici: difesa, sicurezza nazionale, reti energetiche e telco, trasporti. Come abbiamo visto più volte, nel corso degli anni, tutti gli esecutivi hanno progressivamente allargato le maglie della normativa (anche su impulso del regolamento UE 2019/452) ed oggi di non-strategico è rimasto ben poco.
FUNZIONERA’?
L’obiettivo di fondo è nobile ma dimostra – ancora una volta – che il Golden power è ormai una costola (o meglio, una stampella) della (carente) politica industriale. Nel medio periodo però, il rischio è che l’operazione possa essere controproducente. Ad esempio, cosa succederebbe se in un prossimo futuro i turchi facessero presente al Governo italiano (magari anche sulla base di proiezioni non accuratissime) che, sfortunatamente, qualche impianto italiano non è più economicamente sostenibile (a differenza di qualche efficientissimo stabilimento polacco)? Impossibilitati a licenziare o trasferire la produzione, ai turchi non resterebbe altro che chiedere qualche generoso contributo o agevolazione a carico dei contribuenti. E il Governo non potrebbe che accontentarli. Finiremo per sussidiarie una multinazionale estera che si trova a competere le fabbriche cinesi e il costo del lavoro esteuropeo proprio nel momento in cui gli americani si stanno disimpegnando? In ogni caso l’operazione è ancora al vaglio dell’Antitrust europeo e le soprese potrebbero non essere finite qui…