In questo appuntamento della rubrica Tra le Righe andiamo a scoprire un grande classico della letteratura cinese, e probabilmente il più antico trattato di arte militare esistente, risalente al VI secolo a.C: L’Arte della Guerra di Sun Tzu. Questo piccolo libro è stato spesso messo al vaglio per la presunta esposizione della guerra in maniera fredda, distaccata, ragionata. il testo è stato preso da molti come manuale di istruzioni per manager senza scrupoli e sportivi competitivi. Il generale Sun Tzu era un analista perspicace e di certo la sua analisi si può dire ben calibrata. Ma la guerra si può davvero definire in questo modo? Ed è veramente questo il modo in cui l’autore intende la guerra?
La geopolitica della guerra
Con l’avvento della guerra in Ucraina, tutti hanno iniziato a parlare di geopolitica. Nel calderone dei discorsi geopolitici finiscono definizioni precarie e argomentazioni sommarie. Spiegare la guerra in ottica geopolitica non è un’impresa semplice. Per certi versi si potrebbe dire riduttiva. Questo anche e soprattutto per il modo in cui viene intese la geopolitica, dove a forza di discorsi sommari si finisce di perdere l’accezione più umana della geopolitica e dunque tutto il suo potenziale analitico.
Vero è che la guerra, dopotutto, è pianificazione, strategia, calcolo, forza e considerazione. E questi aspetti non dipendono da condizioni soggettive, indeterminabili. Ma la guerra dipende anche dal temperamento di un generale, ha conseguenze sulle popolazioni, le comunità, l’economia, lo sviluppo di un dato territorio e di chi ci abita. Sun Tzu cercò nel suo libro di definire un prototipo di guerra ideale, giungendo alla conclusione che tale guerra è quella che non viene combattuta.
“L’invincibilità sta nella difesa. La vulnerabilità sta nell’attacco. Se ti difendi sei più forte. Se attacchi sei più debole.”
C’è un qualcosa di profondamente umano in tale conclusione, poiché l’autore prende in considerazione tutti quegli aspetti della guerra che vanno al di là del conflitto in sé ma che sono profondamente correlati. Allo stesso modo, la visione che abbiamo della geopolitica nel contesto contemporaneo potrebbe essere distorta. Forse il discorso geopolitico dovrebbe essere riformulato per comprendere tutte quelle dinamiche che si sviluppano all’interno di uno Stato.
Definizione sbagliata?
Nell’articolo “Cosa non spiega la geopolitica”, il Post introduce una definizione di geopolitica per denunciare quanto poco possa spiegare quando si tratta di guerre e di conflitti. L’articolo considera una definizione classica di geopolitica dove gli stati sono intensi come bisognosi di “spazio vitale” per poter progredire nello sviluppo. Inoltre, viene considerata una concezione realista delle relazioni internazionali e la politica internazionale, “fondata soprattutto su rapporti di forza per il controllo di quegli spazi e quelle risorse”(Il Post). Inoltre, secondo questa definizione, uno stato viene considerato al di fuori dei processi politici e culturali che lo definiscono, così come le rispettive dinamiche interne.
Tale definizione è riduttiva del potenziale della geopolitica di analizzare quanto accade sia a livello internazionale che a livello nazionale. Ciò evidente quando si prende in mano il trattato di Sun Tzu. Il generale concepisce la guerra in chiave geopolitica e realista, come un sistema di attacco e di difesa. I suoi precetti sono per questo stati comparati a quelli di Machiavelli, come amorali e utilitariani. Sun Tzu ammette la guerra come necessità politica, così come il conflitto è a suo dire inevitabile, “componente integrante della vita umana, si trova dentro di noi e intorno a noi”. Allo stesso tempo però, Sun Tzu afferma che la migliore vittoria è quando alla guerra non ci si arriva proprio: “è meglio vincere senza combattere”.
Chi è veramente esperto nell’arte della guerra sa vincere l’esercito nemico senza dare battaglia, prendere le sue città senza assieparle, e rovesciarne lo Stato senza operazioni prolungate.
Un libro da contestualizzare
Per certo L’Arte della Guerra è un libro controverso, ma tutto sta nella sua corretta interpretazione e contestualizzazione. Per questo, tra le righe, è possibile identificare una prospettiva umanitaria nella visione della guerra. Sahil Verma sostiene che nel trattato di Sun Tzu possiamo ritrovare i primi principi del diritto internazionale umanitario. L’autore sostiene che Sun Tzu raccomanda di saper bilanciare la condotta militare e considerazioni umani, ispirati dalle virtù del confucianesimo. Sun Tzu cita infatti la protezione dei civili e delle loro proprietà.
In guerra è meglio conquistare uno Stato intatto. Devastarlo significa ottenere un risultato minore.
Ritorna dunque il principio di conservazione, secondo cui è meglio preservare uno stato che distruggere tutto e chiunque al suo interno senza freni.
È dunque importante guardare a L’Arte della guerra da una prospettiva integrata, che tenga conto anche dell’aspetto umanitario. Poiché una guerra non è mai solamente strategia, attacco e difesa, ma un evento drammatico che ha enormi conseguenze per le popolazioni, i territori, lo sviluppo, l’economia di un dato paese. Una visione morale, seppur paradossale, deve essere inclusa nella guerra, che secondo Sun Tzu era “necessità politica”. Quindi, se la guerra deve esserci, che per lo meno sia vincolata da principi umanitari e morali.
Chiara Cogliati